Fatture per operazioni inesistenti, confisca allargata per passivi fittizi superiori a 100 mila euro

Pubblicato il 14 novembre 2019

Il D.L 124/2019, “collegato fiscale” alla prossima Legge di Bilancio 2020, tra le varie disposizioni, ne prevede una che amplia gli strumenti di repressione con particolare riferimento al fenomeno dell’evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva, apportando inoltre significative modifiche alla disciplina penale.

Il decreto inasprisce le pene nei confronti di chi commette reati tributari, vengono ridotte alcune soglie di punibilità in presenza di violazioni fiscali e viene introdotta, a carico di chi è condannato per delitti più gravi, la confisca “allargata” o “per sproporzione”, che consente di aggredire denaro, beni o altre utilità di cui il soggetto coinvolto nel reato, non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o averne la disponibilità a qualsiasi titolo, per un valore sproporzionato al proprio reddito.

Vi sono delle modifiche anche relativamente alla disciplina della responsabilità amministrativa degli enti, introducendo una specifica sanzione amministrativa, fino a 500 quote, in presenza di reati per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti commessi a vantaggio dell’ente.

 

Fatture per operazioni inesistenti

In caso di dichiarazione fraudolenta attraverso l’utilizzo di fatture false, ovvero per operazioni inesistenti, il decreto prevede una pena che comprende la reclusione da 4 a 8 anni, oltre a far scattare la responsabilità ex D.Lgs 231/2001.

Vi è, dunque, un inasprimento del trattamento sanzionatorio per i reati relativi alle imposte sui redditi e Iva previsti dal D.Lgs 74/2000. Per la conferma di tali disposizioni, bisognerà comunque attenere la conversione definitiva in legge, entro fine anno.

 

Tra le fattispecie riformate, spicca la modifica dell’articolo 2 del D.lgs 74/2000, che nello specifico punisce chiunque allo scopo di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle relative dichiarazioni elementi passivi fittizi.

 

L’articolo 1 del D.Lgs 74/2000 definisce "fatture o altri documenti per operazioni inesistenti" quelle fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte, o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

In questo caso, la prestazione è stata effettivamente realizzata, ma tra parti diverse da quelle che risultano dai documenti, determinando cosi una divergenza tra la realtà commerciale e la sua rappresentazione documentale.

Il decreto, pur alzando la pena per le previsioni di cui al comma 1 dell’articolo 2 del D.Lgs 74/2000, aggiunge il comma 2-bis che “attenua” l’inasprimento della pena, ovvero prevedendo che se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a centomila euro, si applica la reclusione da un anno e sei mesi, a sei anni.

 

NB!Viene rimodulata l’ipotesi originariamente inserita all’art. 2 del D.Lgs 74/2000, secondo la quale se l’ammontare degli elementi passivi fittizi era inferiore a 154.937,07 euro, si applicava la reclusione da sei mesi a due anni. Tale parte era stata abrogata dalla legge di conversione del D.L. 138 del 13 agosto 2011.

 

Con il limite dei 100 mila euro, sono individuate quelle condotte che incidono in tono minore sull’erario e, pur conservando la rilevanza penale, riducono la pena.

 

Sempre con riferimento all’articolo 2, si deve evidenziare l’assenza di soglie di punibilità per la fattispecie penale prevista, tale per cui l’utilizzo di fatture false, integra il reato a prescindere dal quantum in concreto evaso, soglie che ad esempio sono previste dal successivo articolo 3.

 

Assenza di soglie di punibilità

Il tema sull’assenza di soglie di punibilità, è stato affrontato non molto tempo fa dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 95/2019 depositata il 18 aprile scorso.

La Corte ha “salvato” la norma, ritenendo infondata la questione sollevata dal giudice a quo in riferimento alla mancata previsione di soglie analoghe a quelle contemplate dal successivo art. 3, del D.Lgs 74/2000 per la “Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”.

La Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimità (sollevata dal Tribunale di Palermo, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione) dell’art. 2, del D.lgs. 74/2000 nella parte in cui non prevede (come all’articolo 3) che la condotta delittuosa descritta sia punibile quando, congiuntamente:

 

La mancanza di soglie di punibilità analoghe a quelle previste dall’art. 3, D.lgs. 74/2000, realizzerebbe una disparità di trattamento, essendo difronte a fattispecie sostanzialmente identiche, e riconducibili all’unico scopo della frode fiscale.

 

NB!- Alla disomogeneità delle fattispecie corrisponde, una ragionevole diversità di disciplina, confermata anche con le riforme del D.L. 138/2011 e del D.Lgs. 158/2015 (in particolare con l’eliminazione dell’attenuante speciale dapprima prevista all’art. 2, comma 3, D.Lgs. 74/2000), rispetto alla quale la Corte ravvisa una carenza di argomentazione contraria.

 

La Corte evidenzia che il legislatore abbia voluto “isolare”, tra i mezzi fraudolenti utilizzabili a supporto di una dichiarazione mendace, quello specifico artificio ritenuto particolarmente insidioso per gli interessi dell’erario, in ragione della capacità probatoria delle fatture.

 

Responsabilità amministrativa

Nell’ambito delle fatture false, il decreto fiscale ha previsto anche la responsabilità amministrativa da reato degli enti, cioè la responsabilità, la cui disciplina è contenuta nel D.Lgs 231/2001, che sorge quando una fattispecie penale tra quelle previste dal legislatore, risulti commessa nell’interesse o a vantaggio della società, da parte di soggetti apicali, o a seguito dell’omissione di controlli da parte dei vertici.

 

L’elenco delle fattispecie presupposto, viene espressamente ampliato con l’inserimento nel D.Lgs n. 231 del 8 giugno 2001, dopo l’articolo 25-quater decies, dell’art. art. 25-quinquies decies (Reati tributari), il quale prevede che:

 

L’importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro, ne consegue che la sanzione pecuniaria per le imprese i cui legali rappresentanti abbiano posto a vantaggio delle stesse il reato di frode fiscale avvalendosi di fatture false, potrà arrivare fino a 774.500 euro.

 

Non sono previste sanzioni interdittive, ovvero sanzioni che - contemplando l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca di autorizzazioni o licenze, il divieto di contrattare con la Pubblica amministrazione e l’esclusione da agevolazioni o finanziamenti - impattano sulla società anche più pesantemente rispetto a quelle pecuniarie.

 

Si deve notare che la relazione illustrativa al decreto fiscale evidenzia, tra le ragioni sottese alla nuova disposizione, l’esigenza di rispondere ad una precisa indicazione del legislatore comunitario.

 

Infatti, la direttiva 2017/1371 (Lotta alle frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale) impone che per le frodi Iva, quantomeno per quelle gravi (ovvero connesse al territorio di due o più Stati membri dell’Unione che comportino un danno complessivo pari ad almeno 10.000.000 euro), sia prevista, accanto a una pena massima di almeno quattro anni di reclusione per le persone fisiche, la responsabilità delle persone giuridiche.

 

NB! - La delega al Governo, al recepimento della direttiva 2017/1371, è stata inclusa nella legge di delegazione europea pubblicata in Gazzetta Ufficiale dello scorso 18 ottobre.

 

Confisca per sproporzione

In arrivo anche la confisca per sproporzione, questa è un'altra delle rilevanti novità previste dal decreto fiscale 124/2019, che con l'art. 39 interessa diverse disposizioni del D.Lgs. n. 74/2000.

Dopo l’art. 12-bis del suddetto decreto, viene aggiunto l’art. 12-ter (Casi particolari di confisca), dove vengono apportate alcune modifiche alla disciplina penale/tributaria.

Ciò consente di applicare l'art. 240-bis del c.p. per i delitti previsti e puniti dal D.Lgs. 74/2000 (ad esclusione degli artt. 10-bis e 10-ter) nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, quando:

 

L’art. 240-bis potrà quindi essere applicato, ad esclusione dell'omesso versamento di ritenute e dell'omesso versamento dell'Iva, a tutte le fattispecie previste dal D.Lgs. 74/2000, aggiungendo uno strumento di lotta all'evasione efficace, in presenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte dirette e il denaro, i beni o le altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui abbia la disponibilità anche per interposta persona.

 

La relazione illustrativa al decreto fiscale parla di strumenti volti a rafforzare e a razionalizzare la risposta sanzionatoria che l’ordinamento prefigura in rapporto ai reati tributari e che l’art. 12-ter rappresenta uno strumento di contrasto particolarmente rilevante.

 

NB! - In concreto, al centro dell’attenzione vi è il sequestro e la confisca dei beni (costituiti da disponibilità finanziarie e o patrimoniali) di cui il soggetto condannato in via definitiva non sia in grado di giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo.

 

Si deve tener presente che il comma 3 dell’articolo 39 del decreto fiscale, dispone che le disposizioni riguardanti i “casi particolari di confisca” come anche le altre disposizioni, hanno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge di conversione.

 

Reati esclusi

Dall'ambito applicativo della misura sono stati esclusi i reati meno gravi, di cui agli artt. 10-bis e 10-ter, che puniscono l'omesso versamento di ritenute dovute o certificate e l'omesso versamento di Iva.

Nello specifico, l’articolo 10-bis dispone la reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versi, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centomila euro per ciascun periodo d'imposta.

L’articolo 10-ter dispone invece, la reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versi, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.

 

Per tutti gli altri delitti fiscali, si è invece individuato un limite sintomatico della particolare offensività della condotta, prevedendo l'inapplicabilità della confisca allagata qualora non si superi la soglia di 100 mila euro di imposta evasa (importo che per il reato di dichiarazione infedele coincide ora peraltro con la soglia di rilevanza penale) o a seconda della tipologia del delitto, di redditi sottratti all’imposizione fiscale.

 

Unica eccezione alla previsione della soglia di 100 mila euro, è rappresentata dalla fattispecie di cui all'art. 10 (occultamento o distruzione di documenti contabili), in quanto non prevede alcuna quantificazione dell'imposta evasa, ma punisce la condotta di chi occulta o distrugge le scritture contabili o altri documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

 

Differenza dalla confisca tradizionale

La confisca allargata si differenzia da quella tradizionale, ovvero dalla confisca che, come previsto dall'art 240 c.p. (nonché dall'art. 12-bis D.Lgs 74/2000), è obbligatoria nel caso di condanna o patteggiamento per talune fattispecie (tra cui proprio quelle penali/tributarie) e ha ad oggetto i beni che costituiscono il profitto o il prezzo dell’illecito, o in alternativa nel caso in cui non sia possibile, i beni nella disponibilità del reo per un valore equivalente al suddetto parametro.

L'applicabilità della confisca “tradizionale” è subordinata alla prova di un rapporto pertinenziale tra il bene (o il denaro) oggetto del provvedimento e il reato del quale costituisce il profitto illecito e per cui è pronunciata condanna.

Nella confisca allargata si supera la necessità di un nesso di derivazione della ricchezza, che deve essere confiscata, dal fatto di reato, dando rilevanza esclusivamente alla relazione tra il condannato e la res, la quale potrà quindi essere entrata nella proprietà del reo, prima della commissione del reato.

 

Il legislatore con questa misura persegue con più incisività l’obiettivo di fronteggiare il fenomeno della criminalità organizzata sottraendo al circuito economico beni di provenienza illecita ed evitando l’accumulo delle risorse economiche.

 

Quadro normativo

D.L. n. 124 del 26 ottobre 2019

D.L. n. 138 del 13 agosto 2011

D.Lgs n. 231 del 8 giugno 2001

D.Lgs n. 74 del 10 marzo 2000

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