Farmaci salvavita a prezzi iniqui. Abuso di posizione dominante

Pubblicato il 29 agosto 2017

Il Tar per il Lazio, Sezione prima, ha condannato – con conseguente cospicuo risarcimento danni - una ditta farmaceutica per aver operato, attraverso l’abuso del proprio diritto alla riorganizzazione dei prezzi di alcuni famaci antitumorali, prezzi iniqui e sproporzionati, con significativi effetti pregiudizievoli nei confronti del Servizio Sanitario nazionale e dei consumatori finali.

Abuso di diritto

L’abuso di posizione dominante, in questa sede imputato al Gruppo farmaceutico, viene condivisibilmente inquadrato nella più ampia categoria dell’abuso del diritto, consistente nello sfruttamento dei diritti soggettivi preordinato al conseguimento, in pregiudizio di terzi, di finalità diverse da quelle per cui gli stessi diritti sono stati riconosciuti. Affinché possa realizzarsi una condotta abusiva, in altri termini, è evidentemente necessario che esista un diritto del quale, tuttavia, si faccia un uso strumentale, non coerente con il fine per il quale l’ordinamento lo riconosce. Nel caso di specie integra condotta abusiva l’imposizione di prezzi non equi, poiché solo rispetto ad un diritto che si assuma aggirato, si apre la possibilità di sostenere che quel caso è formalmente lecito, ma sostanzialmente antigiuridico.

Confermata l'indagine Antitrust sull' iniquità dei prezzi

Il Collegio amministrativo ritiene, nel caso in esame, che l’accertamento del carattere iniquo dei prezzi imposti dalla Casa farmaceutica, possa essere desunto dall’indagine aperta in proposito dall’Autorità Antitrust – volta per l'appunto a rilevare l’uso distorto del diritto alla negoziazione dei farmaci - oltretutto completa, coerente e perfettamente applicabile alla fattispecie. In particolare il Tar, con sentenza n. 8945 del 26 luglio 2017, ha ricostruito ed avallato i test condotti dall’Antitrust, ravvisando – ai fini dell’iniquità del prezzo praticato – i seguenti elementi: l’eccessiva differenza tra prezzi e costi, i profitti marginali, l’elevata marginalità che derivava da un uso distorto della posizione dominante invece che (come sarebbe stato legittimo) da un alto tasso di efficienza o di innovazione dell’impresa. Il prezzo è stato infine dichiarato iniquo sia confrontando il nuovo tariffario con il precedente, sia verificando l’assenza di ragioni giustificatrici economiche a sostegno dell’aumento.

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