Il falso commesso su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità non costituisce più reato.
Detta falsità, configura, infatti, la fattispecie di cui all'articolo 485 del Codice penale, abrogato dall'articolo 1, comma 1, lett. a), del Decreto legislativo n. 7/2016 e trasformato in illecito civile.
Resta, in ogni caso, la rilevanza penale della falsità sugli assegni trasmissibili mediante girata.
E’ il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite penali della Corte di cassazione con sentenza n. 40256 depositata il 10 settembre 2018.
In questa, gli Ermellini hanno anche precisato come non si determini, ciò posto, alcuna ingiustificata disparità di trattamento tra le fattispecie riguardanti i due tipi di assegni.
Ciò, “in ragione della rilevata peculiarità della odierna disciplina sulla clausola di trasmissibilità degli assegni, qualificata da particolari limiti quantitativi e dalla soddisfazione di specifiche ragioni dell'emittente, tali da rendere non irragionevole la scelta del legislatore di conservarne la rilevanza penale”.
Le SU, nella specie, erano state chiamate a pronunciarsi per superare il persistente contrasto giurisprudenziale esistente in tema di falsificazione di un assegno bancario munito di clausola di "non trasferibilità".
Da un lato, vi era l’orientamento che riteneva la relativa condotta come ormai trasformata in illecito civile; dall’altro, la lettura che vedeva, invece, configurato il reato di falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito previsto dall'articolo 491 de Codice penale, come riformulato dal medesimo Decreto legislativo n. 7/2016.
Le Sezioni Unite, in detto contesto, hanno ritenuto condivisibile il primo orientamento interpretativo.
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