Fallimento. Nel leasing, insinuazione limitata ai canoni scaduti

Pubblicato il 04 settembre 2015

Il concedente nel contratto di leasing, in caso di fallimento dell'utilizzatore, ha diritto ad essere ammesso al passivo, solo per i canoni scaduti anteriormente alla data di dichiarazione del fallimento, e non anche per il capitale residuo.

E' quanto dedotto dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con sentenza n. 17577 depositata il 3 settembre 2015, rigettando il ricorso di una s.p.a. contro la pronuncia di parziale accoglimento della sua opposizione allo stato passivo, con cui, per l'appunto, erano stati ammessi i soli canoni scaduti della locazione finanziaria concessa alla fallita.

Nel respingere le censure di parte ricorrente, la Cassazione ha fatto proprie le argomentazioni dei giudici di merito, secondo cui, in tema di effetti del fallimento sul rapporto di leasing vigente alla data della sentenza dichiarativa, il concedente (ai sensi dell'art. 72 quater Legge fall.) in caso di fallimento dell'utilizzatore e di opzione di scioglimento del contratto da parte del curatore, non può richiedere subito, mediante insinuazione al passivo, anche il pagamento dei canoni residui che avrebbe dovuto percepire nell'ipotesi di normale svolgimento della locazione finanziaria. Ciò in quanto, mediante la restituzione immediata del bene, viene meno il diritto all'esigibilità di tale credito.  

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