Falcidia del credito IVA anche nel sovraindebitamento

Pubblicato il 30 novembre 2019

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della previsione sul sovraindebitamento che, rispetto all’adempimento legato all’IVA, ne esclude la possibilità di parziale decurtazione.

La disposizione in esame è quella contenuta nell’articolo 7, comma 1, terzo periodo, della Legge n. 3/2012 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento), censurata dalla Consulta limitatamente alle parole “all’imposta sul valore aggiunto.

I giudici costituzionali, con sentenza n. 245 del 29 novembre 2019, hanno giudicato fondata la questione sollevata dal Tribunale ordinario di Udine, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione.

Concordato preventivo e procedura del sovraindebitamento: situazioni omogenee

L’organo rimettente, in particolare, aveva evidenziato come la norma in oggetto, negando al debitore sovraindebitato la possibilità di prospettare il pagamento parziale dell’IVA, a pena di inammissibilità del relativo ricorso, fosse contraria al principio che esige dalla legge uguaglianza di trattamento nei confronti di tutti i soggetti che si trovino nelle medesime condizioni.

E ciò in quanto, a fronte di situazioni tra loro omogenee, avrebbe determinato un discrimine tra i debitori soggetti alla procedura del sovraindebitamento e quelli legittimati a proporre il concordato preventivo, rispetto ai quali la falcidia del credito IVA è invece consentita.

Consulta: sì a parziale decurtazione dell’IVA

Questione, come detto, ritenuta fondata dalla Consulta la quale, dopo aver ribadito il parallelismo tra l’accordo di composizione della crisi da indebitamento e il concordato preventivo, ha evidenziato: “Rispetto alla generale falcidiabilità dei crediti privilegiati e tra questi anche dei crediti di natura tributaria, il trattamento dell’IVA, per quel che qui direttamente interessa, crea un immediato ed ingiustificato disallineamento tra le procedure in discorso, come rimarcato dal giudice rimettente”.

Conseguentemente, la differenza di disciplina che oggi caratterizza il concordato preventivo e l’accordo di composizione dei crediti del debitore civile non fallibile determina una ingiustificata ed irragionevole disparità di trattamento, tale da concretare la prospettata violazione dell’art. 3 della Costituzione.

La Corte, in definitiva, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, terzo periodo, della Legge n. 3/2012 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento), limitatamente alle parole: “all’imposta sul valore aggiunto”.

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