Legittimo il licenziamento disciplinare del conducente di bus che, in violazione di doveri fondamentali, abbia in più occasioni utilizzato il proprio profilo Facebook inviando post mentre era alla guida dell'automezzo di servizio, creando, in questo modo, una situazione di evidente pericolo.
Lo ha riconosciuto il Tribunale di Cosenza, con sentenza n. 1240 del 13 luglio 2022, pronunciata a conferma del recesso per giusta causa impartito al dipendente di un'azienda di trasporti.
Secondo l'organo giudicante, era di tutta evidenza che la contestazione mossa al lavoratore aveva ad oggetto un fatto integrante gli estremi di una condotta che violava regole minimali di prudenza e connotato da un elevato grado di colpa.
Di conseguenza, l'eventuale mancata affissione del codice disciplinare - per come lamentata dall'autista nell'opporsi alla sanzione disciplinare - era priva di rilievo ai fini della validità del licenziamento, non essendo necessaria una tipizzazione del fatto in termini di illecito disciplinare.
Dalla lettera di contestazione, in particolare, era emerso che gli addebiti mossi al dipendente attenevano a tre giorni diversi, quando egli, in servizio alla guida di un veicolo aziendale, era risultato attivo sul social media Facebook, inviando post e commenti, interfacciandosi con altri utenti ed esprimendo giudizi in merito ad articoli pubblicati sui quotidiani.
Il lavoratore si era giustificato negando quanto addebitatogli e comunque contestando anche la certezza delle date e degli orari indicati nella lettera di contestazione.
Per contro, dalla documentazione prodotta dalla società datrice di lavoro (che ricomprendeva fogli di viaggio, screenshot dei post, dichiarazioni scritte di colleghi) risultava chiaramente la sussistenza dei fatti imputati e la riconducibilità dei medesimi al ricorrente.
E difatti, emergeva chiaramente:
Le contestazioni mosse dall'autista rispetto a tali dati erano del tutto generiche e, in quanto tali, assolutamente inidonee a scalfire l'oggettività dei documenti prodotti e la loro efficacia probatoria rispetto alla ricostruzione storica dei fatti addebitati.
Era del tutto irrilevante, in tale contesto, anche la deduzione avanzata dal conducente secondo cui il suo cellulare, in realtà, era stato utilizzato dalla figlia, che viaggiava sul pullman da lui condotto, durante le soste: si trattava di una circostanza priva di riscontri, peraltro smentita dalle stesse risultanze in atti.
Per il Tribunale, in definitiva, i fatti contestati giustificavano il provvedimento espulsivo anche in termini di proporzionalità, considerando la particolare natura dell'attività svolta e il grado massimo di attenzione che deve pretendersi da chi si pone alla guida di un automezzo, a protezione dell'incolumità degli utenti del servizio e, più in generale, della sicurezza della circolazione stradale.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".