L’esposto presentato alla pubblica amministrazione, da cui trae origine una verifica, un’ispezione o altri procedimenti di accertamento di illeciti, non può essere oggetto di “accesso agli atti”. Questo perché non è dalla conoscenza del nome del denunciante che dipende la difesa del denunciato.
Difatti, la conoscenza dei fatti e delle allegazioni contestati risulta assicurata già dal verbale di accertamento e non c’è, quindi, ragione di risalire al precedente esposto.
E’ questo l’orientamento ricordato dal Tar dell’Emilia Romagna nel testo della sentenza n. 772 del 17 ottobre 2018, e a cui i giudici regionali hanno dichiarato di aderire, ritenendolo preferibile all’opposta interpretazione con cui si è espressa parte della giurisprudenza amministrativa.
Per quest’ultima - comunque ricordata in decisione - non vi sarebbe ragione di nascondere il nome di chi fa una denuncia, un esposto o una segnalazione, in quanto chi si trova al centro di una indagine o una verifica deve poter accedere agli atti e conoscere le ragioni da cui è partito il procedimento nei suoi confronti.
Secondo tale opposta lettura, “una volta che la denuncia o l’esposto arriva alle autorità, essa costituisce un atto interno all’amministrazione e, come tutti gli atti amministrativi da cui derivano procedimenti per i cittadini, è sottoposto alla massima trasparenza”.
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