L’esenzione prevista dall’articolo 46 della Legge 374/91 è un’esenzione “generalizzata”: l’esclusione dal pagamento dell’imposta di registro riguarda tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore inferiore ad euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito.
La previsione in oggetto sancisce letteralmente che le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non ecceda la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi siano soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall'articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni.
Se è vero che la Legge n. 374 citata, istitutiva del Giudice di pace, ne disciplina le funzioni nell'esercizio della giurisdizione in materia civile e penale e della funzione conciliativa in materia civile, tale argomento non può costituire da solo elemento decisivo a favore dell'interpretazione che limita la portata relativa all'esenzione alle sole sentenze emesse dal giudice di pace.
Detta ultima lettura non solo non trova conferma nel dato letterale ma risulta anche in contrasto con argomenti di ordine sistematico, senza che vi sia necessità di ricorrere ad applicazione analogica od estensiva della norma.
La ratio manifesta della disciplina è invece quella di esonerare tali cause dal carico fiscale perché di minimo valore, ovvero di alleviare l'utente dal costo del servizio di giustizia per le controversie di valore più modesto.
E rispetto a tale finalità “risulta coerente solo la previsione di una esenzione generalizzata”, in deroga al disposto dell'art. 37 del DPR n. 131/1986, che escluda dal pagamento della tassa di registro tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore inferiore ad euro 1.033,00, indipendentemente dal grado di giudizio e dall'ufficio giudiziario adito.
E’ quanto ribadito dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 31278 del 4 dicembre 2018, nel confermare una statuizione della CTR nella quale era stato affermato che l'esenzione in oggetto dovesse intendersi riferita non solo alle controversie di primo grado ma anche agli eventuali successivi gradi di giudizio, sulla base sia di una interpretazione letterale della norma sia della sua ratio.
Rigettato, in detto contesto, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate secondo la quale tale disposizione agevolativa non doveva invece trovare applicazione nei giudizi di gravame.
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