Equo compenso e parametri professionali: ambito di applicazione esteso

Pubblicato il 16 maggio 2023

Il professionista ordinistico può fare riferimento ai parametri professionali nelle pattuizioni contrattuali con il cliente anche al di fuori del perimetro applicativo della nuova legge sull’equo compenso. E’ quanto afferma la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro nell’approfondimento del 16 maggio 2023 sul tema dell’equo compenso per i professionisti.

La Fondazione Studi CDL, all’indomani della pubblicazione della legge 21 aprile 2023 n. 49 sulla Gazzetta Ufficiale (n. 104 del 5 maggio 2023) e a pochi giorni dalla sua entrata in vigore (20 maggio 2023), pubblica le prime valutazioni sull’attesissimo provvedimento.

Principi generali e nozione di equo compenso

La nuova disciplina dell’equo compenso è ispirata al principio, ricavabile dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo cui la fissazione di tariffe minime o massime nello svolgimento delle libere professioni può essere ammessa solo in presenza di un motivo di interesse generale nel rispetto dei princìpi di non discriminazione e proporzionalità. Tra questi motivi di interesse generale vi è quello di impedire l’offerta di prestazioni professionali a prezzi al ribasso con il rischio di un peggioramento della qualità dei servizi forniti e, al contempo, di tutelare i consumatori, aumentando la trasparenza delle tariffe praticate.

A tal fine, la legge n. 49/2023 reintroduce un concetto di compenso minimo professionale, ancorando il limite della sufficienza del compenso ai parametri fissati dai Ministeri vigilanti.

È  definito “equo” (articolo 1) il compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente dai decreti ministeriali.

Per una panoramica sulle novità, leggi anche: Equo compenso, cosa cambia per i professionisti

Ambito di applicazione

L’obbligatorietà dei parametri ministeriali trova applicazione per i rapporti professionali consistenti in prestazioni d’opera intellettuale (articolo 2230, Codice civile), regolati da convenzioni aventi a oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.

L’obbligatorietà trova applicazione anche in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società a partecipazione pubblica (Dlgs. 19 agosto 2016, n. 175).

La nuova disciplina non si applica invece alle prestazioni rese dai professionisti in favore di società veicolo di cartolarizzazione né a quelle rese in favore degli agenti della riscossione.

Clausole nulle e tutela giudiziaria del professionista

Sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, in considerazione anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera, nonché le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri ministeriali.

Sono inoltre nulle le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano l’anticipazione di spese o che, comunque, attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto o del servizio reso nonché le altre clausole e pattuizioni espressamente indicate dalla legge n. 49/2023 (articolo 3, comma 2, lettere da a)).

Come sottolinea la Fondazione Studi CDL:

Il professionista può impugnare la convenzione lesiva dei dinanzi al Tribunale competente per la rideterminazione del compenso secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell’opera effettivamente prestata.

Parere di congruità degli ordini professionali

Il Giudice potrà chiedere, se necessario, al professionista di acquisire dall’Ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova sulle caratteristiche, sull’urgenza e sul pregio dell’attività prestata, sull’importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate.

Il Giudice, accertata l’iniquità del compenso erogato al professionista, dispone la rideterminazione dello stesso e può emettere sentenza di condanna del committente al pagamento della differenziale tra quanto precedentemente pagato e quello che spetterà in base all’applicazione dei parametri ministeriali di riferimento. In ogni caso, il Giudice può altresì condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista fino al doppio della differenza di cui sopra, fatto salvo il risarcimento dell’eventuale maggiore danno.

È importante sottolineare che il parere di congruità emesso dall’Ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e se il debitore non propone opposizione innanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’articolo 281-undecies del Codice di procedura civile, entro 40 giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista.

Tutela dei Consigli nazionali degli ordini professionali

Possono adire l’autorità giudiziaria competente per violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso anche i Consigli nazionali degli Ordini o collegi professionali.

NOTA BENE: La Fondazione Studi CDL rimarca l’importanza di questa previsione che attribuisce ai Consigli nazionali un interesse ad agire processualmente a tutela del rispetto della normativa sull’equo compenso, in un’ottica di garanzia della legalità, essendo tali Consigli espressione di enti di diritto pubblico.

Decorrenza della normativa

La disciplina dell’equo compenso per i professionisti non ha effetto retroattivo.

Dalle tariffe professionali ai parametri professionali

La Fondazione Studi infine, con l’approfondimento del 16 maggio 2023, evidenzia che, con l’entrata in vigore della legge sull’equo compenso, il concetto di tariffe professionali, di cui all’art. 9, comma 1, del D.L. 1/2012, è giuridicamente esaurito e viene sostituito dal concetto di parametro professionale.

Ora, atteso il riconoscimento legislativo dei parametri, nulla esclude, conclude la Fondazione, che questi ultimi possano essere utilizzati anche nelle convenzioni professionali tra i professionisti e le imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della legge sull’equo compenso.

Il professionista ordinistico non potendo applicare l’art. 9, comma 1, del D.L. 1/2012 potrà, a parere dei Consulenti del lavoro, fare riferimento ai “parametri nelle pattuizioni contrattuali con il cliente, tenendo presente che in ogni caso l’eventuale conflitto giudiziario verrebbe deciso dal Giudice sulla base dei medesimi parametri. In buona sostanza, si ritiene che l’operatività dei parametri, individuati nella nuova legge sull’equo compenso, possa trovare esplicazione anche al di fuori del perimetro applicativo di tale legge”.

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