La Legge di Stabilità 2016 (n. 208/2015), con il comma 777 del suo unico articolo, ha rilevantemente modificato la Legge 24 marzo 2001 n. 89 sull'equo indennizzo (nota anche come “Legge Pinto”), da una parte prevedendo, in sintesi, un netto ridimensionamento degli indennizzi (sino ad un massimo di 800 euro a fronte dei precedenti 1.500 euro). Dall’altra, condizionando l’ottenimento dell’indennizzo alla dimostrazione che la parte abbia esperito tutti i rimedi preventivi che le stesse nuove disposizioni individuano, per ottenere in tempi celeri la sentenza e per evitare che il processo non vada a sforare i termini ragionevoli di cui all’art. 6, paragrafo 1 Cedu.
Dette modifiche sono state apportate con l’intento di frenare ulteriormente l’aumento vertiginoso dei ricorsi dinnanzi alla Corte europea per eccessiva lunghezza dei processi Italiani, con conseguenti condanne e spese per lo Stato (un primo più “blando” tentativo del legislatore vi fu già con Legge 134/2012).
Nel presente contributo, si analizzano con ordine le singole novità.
La novità senz'altro più rilevante è l’introduzione, nell'art. 1 bis, del concetto di “rimedio preventivo”, nel senso che la parte d’ora in poi avrà diritto ad ottenere l’equo indennizzo, non solo se riesce a dimostrare di aver subito il danno, ma anche, fattivamente, di aver intrapreso le strade più brevi per ottenere la sentenza (pena l’inammissibilità della domanda) attraverso, ad esempio, istanze di accelerazione, riunione delle cause, richiesta di riti sommari ecc.
Rimedi che sono specificamente individuati nel successivo art. 1 ter per ciascuna tipologia di processo.
Per cui ad esempio, nel processo civile, costituisce rimedio preventivo introdurre il giudizio, sussistendone i presupposti, nelle forme del rito sommario di cognizione di cui all’art. 702 c.p.c. e seguenti, così come - se non lo si è fatto o si è stati convenuti in giudizio da altri con rito ordinario – formulare la richiesta di passaggio al rito sommario ai sensi dell’art. 183 bis c.p.c. almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini ragionevoli di cui all'art. 2 comma 2 bis Legge Pinto (ovvero tre anni in primo grado, due in secondo grado e uno in Cassazione) .
Nelle cause in cui non può decidersi con rito sommario, comprese quelle in appello, costituisce rimedio preventivo l’istanza di decisione a seguito di trattazione orale ex art. 281 sexies c.p.c., anche qui, almeno sei mesi prima della scadenza dei termini di cui al cit. art. 2 comma 2 bis.
Nel processo penale, invece, costituisce rimedio preventivo (analogamente al processo contabile, ai giudizi di natura pensionistica ed a quelli in Cassazione) depositare l’istanza di accelerazione almeno sei mesi prima che siano scaduti gli anzidetti termini ragionevoli mentre nel processo amministrativo, la medesima funzione è svolta dall’istanza di prelievo di cui all'art. 71 D.Lgs. 2 luglio 2010 n. 104.
Fondamentale poi la regola introdotta dall'art. 2 primo comma, secondo cui risulta inammissibile (come anticipato) la domanda di equa riparazione proposta dal soggetto che non abbia esperito i rimedi preventivi all'irragionevole durata del processo.
Con l’art. 2 quinquies inoltre, sono stati introdotti ulteriori casi in cui non è riconosciuto alcun indennizzo, quale ad esempio l’ipotesi in cui la parte abbia agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese (anche al di fuori dell’art. 96 c.p.c.) o l’ulteriore ipotesi di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una dilazione dei tempi del procedimento.
Il comma successivo introduce poi altri casi in cui si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, quali ad esempio la prescrizione del reato o la contumacia della parte.
Quanto alla misura dell’indennizzo, come sopra anticipato, la Legge di Stabilità - con l’art. 2 bis - ne ha operato un netto ridimensionamento rispetto al testo previgente. Per cui il giudice potrà ora liquidare a titolo di equa riparazione, una somma di denaro non inferiore a 400 euro e non superiore a 800 euro (a fronte dei precedenti 1500 euro) per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi che ecceda il termine ragionevole del processo. Somma che potrà essere incrementata fino al 20% per gli anni successivi al terzo e fino al 40% per gli anni successivi al settimo.
Con l’introduzione dell’art. 5 sexies, infine, è stata nuovamente regolamentata la fase del pagamento, prevedendo ora la necessita che il soggetto creditore presenti all'amministrazione debitrice un’istanza che si potrebbe definire una sorta di “precisazione del credito”. Detta dichiarazione deve essere rinnovata semestralmente ed in caso di sua incompletezza od irregolarità – con intento chiaramente”ostacolatorio” – l’ordine di pagamento non potrà essere emesso.
L’amministrazione provvede al pagamento nel termine di sei mesi ed in questo periodo i creditori non possono procedere all’esecuzione forzata, alla notifica del precetto, né proporre ricorso per ottemperanza del provvedimento.
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