Di notevole importanza la pronuncia della Corte Costituzionale con cui viene dichiarata l’illegittimità costituzionale art. 103, comma 1, D.L. n. 34/2020 nella parte in cui prevede che la domanda di contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti in Italia, ovvero di sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare in corso con cittadini italiani o stranieri, possa essere presentata solo da datori di lavoro stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE di lungo periodo, e non da datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
Vediamo nello specifico il contenuto della sentenza n. 149 del 18 luglio 2023.
Il TAR della Liguria ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3, primo comma della Costituzione, dell’art. 103, comma 1, del D.L. citato nella parte in cui esclude che la domanda per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare in corso con cittadini italiani o stranieri, possa essere presentata anche da datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia non in possesso di permesso di lungo soggiorno.
Nella fattispecie, il giudice a quo è stato investito del ricorso per l’annullamento del provvedimento con cui la Prefettura di Genova aveva rigettato la domanda di emersione proprio perché il richiedente non era in possesso di permesso di soggiorno di lungo periodo.
La norma censurata contrasterebbe dunque con l’art. 3, primo comma, della Costituzione determinando un’irragionevole disparità di trattamento tra lavoratori che, a parità di requisiti sostanziali, verrebbero ammessi o meno alla procedura di emersione a seconda del titolo di soggiorno del loro datore di lavoro.
Secondo la Corte Costituzionale la norma censurata appare manifestamente irragionevole poiché eccessivamente restrittiva nello stabilire il requisito di accesso alla procedura di emersione degli stranieri.
In contrasto, infatti, con lo scopo socialmente rilevante di tutela delle Parti del rapporto di lavoro e dell’interesse pubblico generale, la richiesta del possesso in capo al al datore di lavoro stranieri di permesso di soggiorno di lungo periodo restringe senza motivo l’ambito dei soggetti che possono presentare istanza di emersione di lavoro in nero con cittadini italiani o stranieri.
Peraltro, prosegue la Consulta, il regolare soggiorno in Italia è presupposto concorrente con altri requisiti richiesti nella legge stessa per accedere alla procedura di regolarizzazione, proprio per prevenire eventuali elusioni del sistema di emersione del lavoro irregolare.
Ciò posto, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 103, comma 1, D.L. n. 34/2020, lesivo del principio della ragionevolezza e affetto da contraddittorietà intrinseca rispetto alla finalità sociale perseguita dal legislatore.
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