Edilizia popolare, no al requisito della residenza ultraquinquennale

Pubblicato il 11 marzo 2020

E’ incostituzionale la norma della Legge regionale Lombardia sulla disciplina regionale dei servizi abitativi nella parte in cui prevede, per l’edilizia popolare, il requisito della residenza ultraquinquennale.

Lo ha sancito la Corte costituzionale con sentenza n. 44 del 9 marzo 2020, dichiarando l’illegittimità dell’art. 22, comma 1, lettera b), della Legge della Regione Lombardia n. 16/2016, limitatamente alle parole “per almeno cinque anni nel periodo immediatamente precedente la data di presentazione della domanda”.

La Consulta ha ritenuto fondata la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Milano con riferimento all’art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, dopo aver ricordato come il diritto all’abitazione rientri fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione.

Diritto che lo Stato deve garantire contribuendo “a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana”.

La previsione censurata, in detto contesto, contrasterebbe con la funzione sociale del servizio abitativo, essendo irragionevole negare l’accesso all’edilizia residenziale pubblica a chi, italiano o straniero, al momento della richiesta non sia residente o non abbia un lavoro nel territorio della Regione da almeno cinque anni.

Il menzionato requisito – hanno spiegato i giudici costituzionali - non è adeguatamente giustificato.

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