In materia di edilizia agevolata, il sistema di determinazione del prezzo cosiddetto “prefissato” di cessione degli alloggi è volto a facilitare l’acquisto della casa alle categorie più disagiate di cittadini.
Ne deriva il divieto di pattuire prezzi superiori al limite massimo determinabile in base ai criteri legali, anche se l’eccedenza consegua all’accollo agli acquirenti degli oneri economici derivanti dal ricorso al mutuo ordinario in luogo del mutuo agevolato o delle spese realmente sostenute nel corso della costruzione.
Così, gli atti amministrativi emanati dal Consiglio comunale in forza della delega alla fissazione dei criteri dei prezzi di cessione degli alloggi, traggono dalla delega medesima una carattere di imperatività di modo che devono ritenersi compresi nella previsione dell’articolo 1339 del Codice civile (Inserzione automatica di clausole).
A questa si collega, poi, la disposizione dell’articolo 1419, secondo comma, del medesimo Codice civile sulla nullità parziale, posto che la conseguenza tipica della difformità di una clausola negoziale da una norma imperativa è la sanzione della nullità della clausola stessa, la quale, peraltro, non importa la nullità del contratto quando tale clausola sia sostituita di diritto da norme imperative.
E’ quanto ricordato dalla Cassazione, seconda sezione civile, nel testo della sentenza n. 18836 del 26 settembre 2016 e con la quale è stata ribaltata la statuizione con cui i giudici di merito avevano ritenuto che l’importo del corrispettivo di acquisto di un immobile a prezzo “convenzionato” potesse divergere dall’importo risultante in base al criterio indicato nella apposita convenzione comunale.
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