Eccedenza IRES e omessa dichiarazione. Niente credito

Pubblicato il 08 settembre 2020

La Corte di cassazione ha accolto il motivo di ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione con cui la CTR aveva riconosciuto, ad un Consorzio, la possibilità di riportare nella dichiarazione per l'anno successivo il credito per eccedenza di IRES maturato in un periodo d'imposta per il quale il contribuente aveva omesso di presentare la dichiarazione.

Eccedenza detraibile di IVA: sì al credito nella dichiarazione successiva

Lo stesso motivo era stato sollevato in relazione al credito per eccedenza detraibile di IVA e in questo caso è stato rigettato dalla Suprema corte, in considerazione dell’arresto a Sezioni Unite n. 17757/2016, ai sensi del quale il diritto alla detrazione dell’eccedenza di Iva non può essere disconosciuto, nel giudizio di impugnazione della cartella esattoriale, per il solo fatto che il contribuente non abbia presentato la dichiarazione annuale.

Su eccedenza IRES inversione di rotta della Cassazione

Per contro, la doglianza relativa al credito per eccedenza di IRES è stata dichiarata fondata alla luce del principio secondo cui, in materia di imposte sui redditi e nel caso in cui la dichiarazione venga omessa, “il contribuente non può più riportare nella dichiarazione per l’anno successivo il credito asseritamente maturato nell’anno per il quale la dichiarazione è stata omessa, potendo solo chiederne il rimborso, ricorrendone i presupposti”.

Nel testo dell’ordinanza n. 18393 del 4 settembre 2020, gli Ermellini hanno in particolare sottolineato come, qualora il contribuente abbia riportato tale credito nella dichiarazione dell’anno successivo e a seguito di controllo automatizzato di questa gli venga notificata la cartella di pagamento con iscrizione a ruolo dell’imposta corrispondente al credito riportato, questo non può essere riconosciuto dal giudice tributario nel giudizio di impugnazione della cartella medesima.

Tale orientamento – che si discosta dalla più recente pronuncia di Cassazione in materia (n. 25288/2019) - troverebbe fondamento per due ordini di ragioni:

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