E’ onere del Fisco la prova sulla diversa qualificazione del reddito

Pubblicato il 14 novembre 2012 Con l'ordinanza n. 19802 del 13 novembre 2012, la Corte di cassazione, Sesta sezione civile, ha accolto il ricorso presentato da una contribuente avverso la decisione con cui i giudici di merito avevano confermato una cartella di pagamento emessa ai sensi dell’articolo 36 bis del DPR n. 600/73, con riferimento all’Irpef dalla stessa dichiarata per l’anno 2000.

In particolare, il Fisco aveva contestato alla ricorrente l’errata qualificazione di alcune somme percepite alla fine del rapporto lavorativo come incentivo all’esodo e che, a detta dell’Amministrazione, dovevano farsi rientrare nel trattamento di fine rapporto.

I giudici di legittimità, in particolare, hanno ritenuto la decisione impugnata non in linea con il prevalente orientamento giurisprudenziale secondo cui “costituisce onere dell’Amministrazione, nel giudizio instaurato dal contribuente con ricorso avverso l’atto impositivo, di provare la sussistenza delle circostanze che giustificano, nell’ambito del parametro prescelto, il “quantum” accertato (rimanendo inibita l’allegazione di criteri diversi), mentre il contribuente stesso può dimostrare l’infondatezza della pretesa creditoria anche in base a criteri non utilizzati dall’ufficio”.

Nella specie, infatti, le Corti di merito avevano dichiarato l’infondatezza dell’impugnazione in considerazione del fatto che la contribuente non aveva assolto all’onere di produzione del modello Cud e di altra documentazione idonea a dimostrare il proprio assunto. Per contro – sottolinea la Suprema corte – gravava sull’Amministrazione, in sede contenziosa, fornire la prova del fondamento della pretesa fiscale.
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