In materia di imposta sulle donazioni, l’articolo 57 del Decreto legislativo n. 346/1990 va interpretato nel senso che, ai fini della determinazione del valore globale dei beni oggetto della donazione, si deve tenere conto anche delle donazioni anteriori effettuate dal 25 ottobre 2001 al 28 novembre 2006, periodo, ossia, di completa esenzione dell’imposta di successione e donazione, poi ripristinata, appunto, nell’anno 2006.
All’assunto di cui sopra induce l’interpretazione letterale della norma, la quale fa riferimento a tutte le donazioni intese in senso civilistico come atti di liberalità del donante a favore del donatario e non esclude le donazioni che erano fiscalmente irrilevanti perché poste in essere nel periodo suddetto.
Del resto, una diversa esegesi dell’articolo indicato “avrebbe l’effetto della reintroduzione di una esenzione che, oltre a non essere prevista dalla lettura della norma, non è sorretta da una autonoma ratio legis che, anzi, in un’ottica costituzionalmente orientata, va individuata nella volontà del legislatore di determinare l’imposta in proporzione alla capacità contributiva”.
In definitiva, il beneficiario di donazioni che, nel loro complesso, superino di valore il milione di euro, non può ragionevolmente godere della franchigia prevista.
Un diverso principio dovrebbe, per contro, affermarsi qualora il legislatore riduca l’importo della franchigia: in tal caso non sarebbe esigibile l’imposta proporzionale sulla base della nuova franchigia, pena l’applicazione retroattiva della legge d’imposta.
Sono questi i principi evidenziati dalla Corte di cassazione, Sezione tributaria, con sentenza n. 11677 depositata l’11 maggio 2017, a conferma della statuizione resa dai giudici regionali in una vicenda di successive donazioni tra le stesse parti.
In questa, era stato ritenuto che, ai fini del calcolo della franchigia, si dovesse tenere conto anche delle donazioni effettuate nel periodo di esenzione dell’imposta (2001-2006).
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