Non è nulla la donazione posta in essere con l'unico intento del donante di avvantaggiare il donatario, determinando un assetto patrimoniale idoneo a pregiudicare le aspettative successorie degli altri legittimari.
Difatti, per come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, anche se l'atto di liberalità sia stato posto in essere dal de cuius all'evidente fine di favorire un estraneo ovvero uno solo dei suoi successibili come legittimario, lo stesso è da ritenere esclusivamente suscettibile di aggressione con l'esercizio dell'azione di riduzione.
Va escluso, ossia, che detto atto sia affetto da un vizio di nullità, posto che la tutela dei legittimari, ancorché rispondente a principi di ordine pubblico interno, è stata conformata dal legislatore con il riconoscimento in favore del legittimario leso o pretermesso dell'azione di riduzione. L’accoglimento di quest’ultima, inoltre, rende l'atto pregiudizievole soltanto inefficace "ex nunc", e nei soli confronti del legittimario vittorioso.
Non ricorre, ciò posto, alcuna ipotesi di nullità per la sola presenza, nel donante, dell'intento di avvantaggiare uno solo dei suoi eredi a discapito degli altri, ai quali il legislatore ha accordato lo strumento dell'azione di riduzione.
E’ quanto ricordato dalla Corte di cassazione, nel testo dell'ordinanza n. 21503 del 31 agosto 2018.
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