Gli scatti retributivi per anzianità di servizio vanno riconosciuti anche ai professori a tempo determinato, a prescindere dal fatto che non vi sia stato abuso nella reiterazione di detta tipologia contrattuale.
Lo ha confermato la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, condannando il Miur al pagamento, ai docenti precari, della differenza tra retribuzione percepita e quella spettante secondo l’anzianità di servizio maturata.
E’ infondata, dunque, la censura del Ministero ricorrente, secondo cui il trattamento economico è da correlare necessariamente alla precarietà e discontinuità del rapporto lavorativo, per cui esso è legittimamente riferito, per ciascun periodo di supplenza, allo stipendio iniziale, senza che sia in tal caso configurabile alcuno sviluppo di carriera.
L’eccezione non è fondata – spiega la Corte di legittimità – alla luce del diritto dell’Unione europea, poiché l’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato, recepito dalla direttiva 1999/70/CE di diretta applicazione, impone di riconoscere l’anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini dell’attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo. Sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dall'anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione dei precari al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato.
Gli ermellini – con ordinanza n. 8945 del 6 aprile 2017 – sono pervenuti a detta conclusione, valorizzando i principi affermati dalla Corte di giustizia UE (proprio in forza della sopra enunciata direttiva), per cui si fa obbligo agli Stati membri di assicurare ai lavoratori a tempo determinato condizioni di impiego che non siano meno favorevoli di quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato; e ciò a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto
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