Il potere di rettifica dei valori dichiarati in un atto di divisione senza conguagli non può essere esercitato dall’Amministrazione finanziaria.
Ne discende la preclusione all’accertamento di conguagli cosiddetti fittizi di cui all’art. 34, comma 3 del DPR n. 131/1986, qualora le quote attribuite ai condividenti rispondano ai parametri catastali delineati dall’istituto della cosiddetta valutazione automatica degli immobili.
Tutto ciò in ragione della natura dichiarativa, a fini tributari, della divisione che non preveda conguagli, ai sensi del DPR n. 131/1986, art. 34 e della conseguente inapplicabilità, a tale fattispecie negoziale, della deroga, prevista dall’art. 52, comma 5 bis del DPR citato, alla disciplina posta dallo stesso art. 52, commi 4 e 5.
E’ il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 27692 del 3 dicembre 2020, pronunciata in accoglimento del ricorso di un contribuente volto all’impugnazione della decisione confermativa di un avviso di rettifica e liquidazione, emesso per il recupero delle imposte di registro e ipocatastali dovute in relazione ad un atto di scioglimento di comunione ereditaria.
Tra i motivi di doglianza sollevati dal ricorrente vi era l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, posto che i giudici di merito erano pervenuti ad accertare l’esistenza di conguagli avendo ritenuto legittimo l’accertamento di maggior valore operato dall’amministrazione finanziaria.
Tale accertamento - aveva tuttavia sottolineato il contribuente - doveva ritenersi precluso, in ragione della ricorrenza di tutti i presupposti di applicazione del criterio di valutazione automatica, fondato sulla rendita catastale rivalutata e aggiornata.
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