Sulla nuova durata del divieto di licenziamento per ragioni economiche l’art. 14 del recente Decreto Agosto – DL n. 104/2020 – non rappresenta un esempio di chiarezza, complice il richiamo all’ulteriore periodo di ammortizzatori sociali e di fruizione dell’esonero contributivo.
L’argomento è stato preso a base dell’approfondimento del 25 agosto 2020 pubblicato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
Secondo le precedenti disposizioni normative, il blocco dei licenziamenti per ragioni economiche aveva scadenza alla data del 17 agosto. E’ poi intervenuto il citato art. 14 del decreto Agosto, con effetto dal 15 agosto, che ha disposto la proroga della durata del divieto per i datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ovvero dell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali così come previsti dallo stesso decreto.
Quindi il nuovo corso del divieto di licenziamento è legato alla previsione di un nuovo periodo di ammortizzatori sociali, per un totale di diciotto settimane, da utilizzare entro il 31 dicembre 2020 nonché, per i datori di lavoro, che abbiano già fruito degli ammortizzatori sociali emergenziali per il periodo di maggio e giugno scorso e non richiedano la fruizione delle ulteriori “9+9 settimane”, all’esonero del versamento dei contributi previdenziali, per un massimo di 4 mesi, da utilizzare entro il 31 dicembre 2020.
Da tutto ciò si evince che al posto di un termine fisso – l’originario 17 agosto – per il divieto dei licenziamenti per ragioni economiche ora deve parlarsi di scadenza mobile, che va determinata, in alternativa in base:
Ciò implica che il periodo in cui terminerà il divieto di licenziare sarà diverso per ogni datore di lavoro: l’unico dato certo, a parere della Fondazione Studi, è che il nuovo divieto di licenziamento per ragioni economiche non può estendersi oltre il 31 dicembre 2020, data finale per fruire degli ammortizzatori sociali e del periodo riconosciuto per il godimento, in alternativa, dell’esonero contributivo.
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