Dividendi, Italia sotto tiro

Pubblicato il 23 gennaio 2007

L’Italia è uno dei cinque paesi deferiti alla Corte di giustizia europea per avere applicato un trattamento fiscale più pesante sui pagamenti di dividendi destinati a società estere, rispetto a quelli diretti a imprese italiane. europea ritiene che la discriminazione sia contraria ai Trattati Ue e all’accordo sullo Spazio economico (See), sottoscritto con i Paesi dell’Efta, in quanto viola sia la libera circolazione dei capitali sia la libertà di stabilimento. In particolare, per quanto riguarda il nostro Paese, dopo la riforma Ires, il trattamento fiscale dei dividendi è stato profondamente modificato. Nello specifico, per i dividendi esterni il comma 3 dell’articolo 27 del Dpr 600/73, con riferimento agli utili corrisposti a soggetti non residenti, prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta del 27%, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di utili relativi a partecipazioni qualificate o meno, e dalla natura del soggetto non residente, persona fisica o società. Solo nel caso in cui la società non residente abbia una stabile organizzazione in Italia, se la partecipazione da cui provengono gli utili è ad essa relativa, non si applica alcuna ritenuta e i dividendi seguono il regime ordinario in capo alla stabile organizzazione. In tal caso, l’aliquota della ritenuta è ridotta al 12,50% per gli utili pagati agli azionisti di risparmio. ha inviato un parere motivato (secondo stadio della procedura di infrazione) affinchè i Paesi coinvolti si adoperassero a modificare la legislazione nazionale sui pagamenti di dividendi in uscita. Dopo tale avvertimento di Bruxelles, però, solo il Lussemburgo ha cambiato le proprie norme tributarie. L’Italia, come Belgio, Spagna e Portogallo, è stata deferita alla Corte di Giustizia in quanto non ha dato alcun seguito al parere motivato ricevuto in data 25 luglio 2006.      

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