Disabili, permessi riconosciuti ad un unico familiare
Pubblicato il 10 agosto 2011
L’Istat ha richiesto al ministero del Lavoro il suo parere in merito alla corretta interpretazione della disciplina relativa al referente unico per l’assistenza alla persona in situazione di handicap grave, disciplinata dall’articolo 33 della Legge. n. 104/1992 come da ultimo modificato dall’art. 24, comma 1 lett. a), della L. n. 183/2010.
Nello specifico due sono i chiarimenti richiesti:
- se è possibile accordare i permessi in alternanza a più di un lavoratore, nel caso in cui il portatore di handicap ha assunto il domicilio presso la residenza di diversi parenti;
- se l’Inps può richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a titolo di permessi se, a seguito di accertamento da parte della Asl, viene disconosciuto al disabile lo stato di handicap.
Con interpello n.
32 del 9 agosto 2011, il ministero del Lavoro ricorda che la legge riconosce un unico referente per ciascun disabile.
Da ciò ne consegue che, relativamente ai permessi ex art. 33 della Legge n. 104/1992, come
modificato dall’art. 24, L. n. 183/2010, questi possono essere riconosciuti esclusivamente ad un unico
soggetto per ciascun disabile senza che sia possibile stabilire preventivamente che, rispetto ad
un determinato arco temporale, siano più d’uno i soggetti che usufruiranno dei permessi in
questione.
Relativamente al secondo quesito, l’interpello n. 32/2011 ricorda che condizione necessaria ai fini della concessione dei suddetti permessi è la sussistenza di una situazione di handicap grave della persona affetta da disabilità, che deve essere accertata da una apposita commissione medica ai sensi dell’art. 4 della L. n. 104/1992.
Nel frattempo che la Commissione medica si esprime, i permessi possono essere riconosciuti con riserva. Ma, nel caso in cui, trascorsi 180 giorni fissati per la pronuncia definitiva, la commissione
medica non riconosce la sussistenza della situazione di handicap grave, è possibile sostenere che l’Inps sia legittimato a richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a titolo di permesso, trattandosi di una prestazione non dovuta e, pertanto, indebita