Imposta di registro: quale aliquota va applicata all’atto di costituzione del diritto di superficie su un terreno agricolo su cui si prevede di realizzare un impianto fotovoltaico?
E’ il quesito a cui la Suprema corte ha risposto con ordinanza n. 3461 dell’11 febbraio 2021, pronunciata in riferimento ad un avviso di liquidazione con cui l’Ufficio finanziario aveva provveduto al recupero dell’imposta di registro asseritamente dovuta per la costituzione del diritto di superficie su un terreno agricolo.
Il notaio rogante, in proposito, aveva autoliquidato l’imposta di registro applicando l’aliquota proporzionale dell’8% mentre, secondo l’Agenzia, era da applicare l’aliquota del 15%, e ciò sulla base di quanto disposto nel secondo capoverso dell’art. 1 della tariffa, prima parte, allegata al DPR n. 131/1986.
Il contribuente (concendente) aveva impugnato l’atto impositivo mediante opposizione, accolta dai giudici di merito sia di primo che di secondo grado.
L’Amministrazione finanziaria si era quindi rivolta alla Corte di cassazione: secondo la sua difesa, dalla lettura delle norme di riferimento e tenendo conto dell’interpretazione offerta dall’Agenzia con circolare n. 36/E del 2013, non vi erano dubbi sull’effettiva volontà del legislatore che, nel formulare la tariffa dell’imposta di registro, aveva operato una tendenziale assimilazione del concetto di “trasferimento” a quello di atto traslativo o traslativo e costitutivo di diritti reali di godimento.
Doglianza, questa, non condivisa dalla Sezione tributaria della Suprema corte, la quale, nella sua disamina, ha esordito con la lettura dell’art. 1, comma 3 della Tariffa allegata al TUIR, applicabile ratione temporis.
Orbene, da tale lettura emergeva l'applicabilità della disposizione in oggetto al trasferimento e non alla costituzione di un diritto reale di godimento.
Il diritto di superficie – ha quindi sottolineato la Corte – ha come peculiarità quella di mantenere distinta la proprietà della costruzione dalla proprietà del suolo.
Alla formazione della proprietà superficiaria – ha quindi precisato– si perviene mediante la costituzione del diritto di superficie: è con questo passaggio che si consente, successivamente, di costruire e mantenere la proprietà dell’impianto fotovoltaico distinta da quella del suolo, sicché solo tale proprietà superficiaria può essere trasferita.
Secondo gli Ermellini, tale precisazione era importante ai fini del trattamento tributario, posto che la costituzione del diritto di superficie implica la separazione tra la proprietà del suolo e la proprietà della costruzione soprastante.
Atteso, quindi, che il diritto di superficie “si costituisce” e non si trasferisce, la costituzione del medesimo non segue le regole dettate per gli atti aventi ad oggetto il trasferimento.
I giudici di Piazza Cavour hanno, in proposito, richiamato l’indirizzo già espresso dalla giurisprudenza di legittimità per quanto riguarda il termine "trasferimento" contenuto nell'articolo 1 della tariffa allegata al DPR n. 131/1986: tale termine – si legge nella pronuncia - “è stato adoperato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento e non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù la quale non comporta il trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo dominante”.
Il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, ciò posto, è stato definitivamente rigettato.
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