La Consulta ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Bari relativamente all’articolo 16-bis, comma 5, della Legge n. 11/2005 che prevede il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle amministrazioni locali responsabili di violazioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
Ai sensi della norma in oggetto, ora confluita nell'articolo 43, comma 10, della Legge n. 234/2012, il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle amministrazioni locali responsabili di violazioni della CEDU, riguarda gli oneri finanziari sostenuti in esecuzione delle sentenze di condanna rese dalla Corte di Strasburgo nei confronti dello Stato.
Secondo il Tribunale rimettente, in particolare, il tenore letterale della disposizione impugnata, definito “univoco”, non consentirebbe interpretazioni conformi alla Carta costituzionale, trattandosi di una disciplina sanzionatoria, con efficacia retroattiva, che configura una responsabilità degli enti per attività non proprie e, quindi, agli stessi addebitabili.
Le motivazioni addotte da quest’ultimo, tuttavia, sono state ritenute inammissibili dalla Corte costituzionale - sentenza n. 219 del 12 ottobre 2016 - rispetto agli articoli asseritamente violati 97, 114, 117, primo comma, nonchè 118 e 119, quarto comma, della Costituzione, per difetto, nell’ordinanza di rimessione, di un’adeguata motivazione "in ordine alle ragioni di contrasto tra le disposizioni censurate e i parametri costituzionali indicati".
Invece, con riferimento alla sostenuta violazione degli 3 e 24 della Carta, la relativa questione è stata ritenuta non fondata.
In primo luogo, è stato evidenziato come dall’esame letterale della norma debba essere esclusa, tra i possibili contenuti precettivi della disposizione, “l’esistenza di un automatismo nella condanna dell’amministrazione locale in sede di rivalsa e, conseguentemente, di una deroga al principio dell’imputabilità”.
Rispetto all’asserita lesione del diritto di difesa per l’impossibilità, per il Comune, di partecipare al giudizio dinanzi alla Corte europea e per l’inerzia difensiva dello Stato italiano nell’ambito di tale giudizio, la Corte costituzionale ne ha rilevato l’inconsistenza.
Nel dettaglio, con riferimento a questo ultimo punto è stato sottolineato come l’evidenziare un inconveniente di mero fatto non sarebbe, di per sè, attinente rispetto al profilo della legittimità costituzionale della norma; il primo aspetto, invece – si legge nel testo della sentenza – denoterebbe “l’inconferenza del parametro costituzionale evocato”.
Per la Consulta, infatti, la norma sottoposta a censura, stante il suo inequivoco tenore letterale, “è volta a regolare il procedimento attraverso il quale viene esercitato il diritto statale di rivalsa nell’ordinamento interno, non già il diverso procedimento dinanzi alla Corte europea, nell’ambito del quale, ad avviso del rimettente, si sarebbe determinata la compressione del diritto di difesa dell’ente locale”.
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