La Corte di cassazione ha accolto il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione con cui i giudici di merito avevano annullato un avviso di accertamento notificato ad una professionista, intermediaria abilitata alla trasmissione telematica di dichiarazioni fiscali.
Quest’ultima era stata sanzionata per avere trasmesso tardivamente, per via telematica, 27 dichiarazioni inviate tramite file singoli e 4 per tramite di file cumulativo.
La professionista aveva impugnato l’avviso deducendo di essere incorsa in un ritardo a lei non imputabile, a causa di un blocco nel programma Entratel del quale aveva reso edotta anche l'Agenzia delle Entrate.
Giustificazione, questa, ritenuta fondata dalla Commissione tributaria regionale che, in accoglimento dei motivi di impugnazione, aveva disposto l'annullamento dell'avviso in esame.
Nello specifico, la CTR aveva ritenuto che la tardività non fosse stata provata da parte dell'Ufficio non essendo essa in possesso dei mandati dei clienti.
Lo stesso Ufficio – sempre secondo i giudici di appello - non poteva sanzionare la professionista che, avendo avuto problemi tecnici, aveva poi spedito e trasmesso le denunce nei trenta giorni dal secondo e nuovo mandato.
Da qui il ricorso dell’Amministrazione finanziaria alla Corte di legittimità, davanti alla quale era stata lamentata l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui la CTR aveva ritenuto non conforme a legge l'irrogazione della sanzione de qua.
Quest’ultima - aveva dedotto l’Agenzia delle Entrate - era stata disposta a seguito di controllo Audit attraverso cui erano emersi, nel comportamento della intermediaria, tutta una serie di inadempimenti colposi.
La Suprema corte, con ordinanza n. 15751 del 23 luglio 2020, ha ritenuto fondate dette argomentazioni, ribadendo alcuni principi di diritto enunciati in sede di legittimità che, anche se statuiti in controversie relative alla posizione dei contribuenti, sono stati considerati ugualmente applicabili nella fattispecie in oggetto riguardante un intermediario abilitato.
Nel dettaglio, la Cassazione ha ricordato che, in tema di dichiarazione dei redditi inviata per via telematica, la regola per la quale la stessa si considera presentata nel giorno nel quale è trasmessa e consegnata in quello della comunicazione di ricevimento da parte dell'Amministrazione finanziaria, trova applicazione anche ove si siano verificati "errori bloccanti" nella trasmissione telematica.
Difatti, gli errori, in questi casi, sono segnalati nel sistema telematico consultabile dal contribuente, il quale è quindi in condizione di avvedersi dell'avvenuto "scarto" della propria dichiarazione e di porvi tempestivo rimedio.
Senza contare che la trasmissione per via telematica della dichiarazione fiscale, tramite centri di assistenza o professionisti abilitati, comporta una presunzione di identità tra i dati risultanti all'esito della trasmissione all'anagrafe tributaria e quelli presenti nel modello cartaceo sottoscritto dal contribuente, in quanto la via telematica costituisce una modalità di invio della dichiarazione.
Conseguentemente, ove sia eccepita una discordanza di dati, non è l'Amministrazione finanziaria a dover fornire la prova della conformità, ma è il contribuente a dover dimostrare la difformità dei medesimi, “trattandosi di deduzione dell'inefficacia del fatto costitutivo della pretesa tributaria azionata, ed essendo suo onere, in base all'ordinaria diligenza, conservare una copia del modulo cartaceo” anche oltre il termine di legge.
Orbene, secondo gli Ermellini, nella vicenda di specie era onere della professionista, incaricata della trasmissione telematica delle dichiarazioni, fornire la prova del conferimento del secondo incarico da parte dei clienti, facendo fede, sino a prova contraria, il dato inserito nel modello trasmesso.
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