Dichiarazione redditi, emendabilità anche in contenzioso

Pubblicato il 04 novembre 2015

E' facoltà del contribuente emendare la dichiarazione dei redditi a proprio favore anche nel caso in cui sia già in corso un contenzioso con l'Amministrazione finanziaria. La correzione può avvenire entro quattro anni (termine di accertamento fissato dall'art. 43, Dpr n. 600/1973) e non entro un anno come sostenuto dal Fisco. Tale minor termine, infatti, vale solo se si intende compensare l'eventuale credito risultante dalle dichiarazioni.

La precisazione giunge dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 22443, depositata il 3 novembre 2015.

Il caso

Una società cooperativa ha rettificato la propria dichiarazione dei redditi durante un contenzioso avviato con l'Agenzia delle Entrate a seguito di un accertamento, e sulla base della correzione effettuata chiedeva l'annullamento dell'atto impositivo emesso.

Nei primi due gradi di giudizio, le commissioni tributarie hanno confermato la legittimità della pretesa, riconoscendo che l'integrativa in favore del contribuente poteva essere presentata solo nel termine di scadenza della dichiarazione per il periodo di imposta successivo. La vicenda è stata, così, portata all'attenzione della Corte di Cassazione.

La conclusione della Suprema Corte

La Corte, sulla base delle precedenti pronunce di legittimità sull'argomento, ha accolto il ricorso della società cooperativa ribadendo come la dichiarazione dei redditi di un contribuente, nel caso in cui presenti degli errori (sia di fatto che di diritto), sia sempre emendabile in sede di contenzioso se vi è il rischio che il contribuente possa essere assoggettato ad oneri diversi e più gravosi di quelli dovuti.

La dichiarazione dei redditi è in linea di principio un documento modificabile, non avendo natura di atto negoziale e dispositivo. Pertanto, essa è sempre emendabile e ritrattabile in presenza di errori che espongono il contribuente al pagamento di tributi diversi e più gravosi di quelli effettivamente dovuti.

Qualora prevalesse la tesi contraria, infatti, si incorrerebbe nella violazione dei principi di capacità contributiva e di oggettiva correttezza dell’azione amministrativa. Quindi un sistema legislativo che non consenta di rettificare la dichiarazione presentata da un contribuente darebbe luogo ad un prelievo fiscale indebito e incompatibile con i principi costituzionali sopra menzionati.

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