La sottoscrizione di dichiarazione infedele da parte di un socio amministratore di una s.n.c., non esonera automaticamente gli altri soci amministratori dalle responsabilità fiscali, occorrendo invece accertare se essi svolgano attività gestionali in quella specifica materia e quale sia il loro apporto concorsuale penalmente rilevante nella gestione della materia fiscale da parte dell'altro socio (sottoscrittore).
Principio, quest'ultimo, stabilito dalla Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 50201 depositata il 22 dicembre 2015, accogliendo il ricorso del socio amministratore di una s.n.c. condannato in primo e secondo grado per reato di dichiarazione infedele (ex art. 4 D.Lgs 74/2000).
Quest'ultimo si era tuttavia difeso adducendo che a sottoscrivere la dichiarazione incriminata era stato altro socio della compagine sociale, cui tuttavia non era stata conferita apposita delega a gestire il settore fiscale. E tanto bastava – secondo la Corte territoriale – a confermare la responsabilità dell'imputato
Di diverso avviso la Cassazione, secondo cui, per ricondurre la responsabilità in capo al socio ricorrente, sarebbe stato necessario verificare – ciò che i giudici distrettuali avevano omesso di motivare – se quest'ultimo avesse ricevuto una esplicita delega per la gestione in via esclusiva dell'intera materia fiscale nella società e soprattutto quale contributo attivo, al di là del mero ruolo di amministratore, avesse apportato nella commissione materiale del fatto illecito.
Nel reato di dichiarazione infedele infatti – anche se il soggetto attivo è colui che inserisce all'interno della dichiarazione fiscale elementi attivi fittizi o dati che rendono la dichiarazione non veritiera - non è esclusa la partecipazione di soggetti diversi dall'effettivo sottoscrittore, purché tuttavia il loro coinvolgimento sia effettivamente dimostrato.
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