E' stato respinto, dalla Corte di cassazione, il ricorso di due soggetti, imputati per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
I ricorrenti si erano opposti alla decisione con cui, in sede di merito, era stata esclusa l'applicazione, in loro favore, della causa di non punibilità di cui all'art. 13 del D. Lgs. n. 74/2000 per pagamento integrale del debito tributario.
Secondo la loro difesa, il Gip avrebbe dovuto applicare retroattivamente la causa di non punibilità in parola, entrata in vigore con la novella di cui alla Legge n. 157/2019, una volta verificata la sussistenza dei requisiti "esigibili" dalla stessa norma, quali l'avvenuto integrale pagamento del debito, non però di quelli "inesigibili", come la spontaneità della condotta riparatoria, elemento che non era conoscibile al momento del pagamento, essendo la norma stata introdotta in epoca successiva.
In tale contesto, sarebbe stato abnorme ed iniquo considerare ostativa, per gli effetti dell'art. 2 del Codice penale, la circostanza del mancato ravvedimento operoso accertato ex post, interpretazione in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.
Tale doglianza, oltreché inammissibile, è stata giudicata infondata dalla Suprema corte, pronunciatasi, nella causa in esame, con sentenza n. 8174 del 24 febbraio 2023.
Prendendo le mosse dal dato normativo, gli Ermellini hanno evidenziato che la novella del 2019 ha esteso, per quanto di interesse, anche al reato di cui all'art. 2 D. Lgs. n. 74/2000 la causa di non punibilità prevista dall'art. 13, comma 2, del medesimo D. Lgs.
Per la Corte, ciò posto, se è certamente vero che la causa di non punibilità in esame possa trovare applicazione retroattiva, trattandosi di una norma sicuramente più favorevole proprio perché introduce una causa di non punibilità prima non contemplata dall'ordinamento, tale applicazione retroattiva, tuttavia, esige che siano accertati tutti i requisiti in essa previsti, nessuno escluso.
Occorre, quindi:
Pretendere, come fatto dai ricorrenti, che sia sufficiente il solo verificarsi del primo dei due requisiti implicherebbe un'evidente quanto irragionevole disparità di trattamento, posto che l'applicazione retroattiva della causa di non punibilità soggiacerebbe a presupposti meno stringenti rispetto a quelli contemplati dalla norma e che devono essere accertati nei confronti di chi la invochi per fatti successivi alla sua entrata in vigore.
Per quanto riguardava la vicenda esaminata, ciò posto, era legittimo che il Gip avesse escluso, in concreto, la sussistenza dei presupposti applicativi.
In primo luogo, infatti, erano state messe a disposizione dell'autorità somme in misure ridotta rispetto a quelle evase.
Ciò, inoltre, era avvenuto successivamente all'avvio delle indagini, requisito che, come detto, deve essere accertato anche in relazione ai fatti pregressi all'entrata in vigore della novella del 2019.
In definitiva, non solo non sussistevano gli estremi per l'applicazione dell'invocata causa di non punibilità ma gli imputati non avrebbero neanche potuto accedere al rito premiale, posto che l'estinzione del debito tributario non era stato integrale.
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