La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 47-quinquies, comma 1-bis, della Legge n. 354/1975 sulle norme dell’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, nella parte in cui impedisce che le modalità di espiazione della pena ivi previste siano concesse alle madri condannate per i delitti di cui all’articolo 4-bis della medesima legge.
La norma censurata riguarda la detenzione domiciliare speciale, istituto che – spiega la Consulta – è volto a consentire la possibilità, per le madri (o ai padri se la madre è deceduta o impossibilitata e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre) condannate a pena detentiva, di scontare quest’ultima nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza e, comunque, e, quindi, con modalità esecutive extracarcerarie, per meglio tutelare il loro rapporto con i figli minori e per evitare il fenomeno della cosiddetta “carcerizzazione degli infanti”.
Orbene, l’oggetto della censura è costituito dalla previsione secondo cui dall’accesso a tali modalità agevolate di espiazione della prima frazione di pena sono espressamente escluse le madri condannate per un delitto indicato nell’articolo 4-bis della legge.
Secondo i giudici costituzionali – sentenza n. 76 del 12 aprile 2017 - se anche non è vietato alla legge differenziare il trattamento penitenziario delle madri condannate, a seconda della gravità del delitto commesso, è da considerare comunque lesiva dell’interesse del minore, e perciò dell’articolo 31, secondo comma, della Costituzione, una preclusione assoluta come quella in esame.
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