Con sentenza n. 234 del 22 settembre 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità dell'art. 159 Legge 16 febbraio 1913 n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), posta in relazione agli artt. 3 e 27 della Cost.
La questione era stata sollevata dalla Corte d'Appello di Milano, in occasione di un ricorso proposto da un notaio, avverso la propria destituzione in conseguenza di una condanna penale per i reati di peculato ed appropriazione indebita (nonostante avesse interamente scontato la pena inflittagli in sede penale).
Il giudice rimettente, in particolare, riteneva che la preclusione assoluta alla riabilitazione nell'ipotesi di condanna per taluni delitti, introducendo una sorta di "automatismo legale", si ponesse in contrasto con le finalità di recupero sociale e morale del condannato ai fini del suo reinserimento civile, andando a precludere qualunque potere di apprezzamento circa il comportamento tenuto dal reo dopo l'esecuzione della pena.
La Consulta tuttavia, nel respingere le censure, ha precisato come il legislatore, attraverso la disposizione in contestazione, ha inteso formulare una presunzione assoluta tutt'altro che arbitraria ed irrazionale, ma che consegua, viceversa, ad un motivato apprezzamento dell'organo disciplinare circoscritto a ben determinate condotte criminose.
Non è infatti manifestamente irragionevole, nel caso di specie – prosegue la Consulta – che le contestate condotte, a tal punto gravi da implicare la destituzione del notaio, abbiano definitivamente negato al professionista, per quanto riabilitato, di riacquistare quel grado di fiducia che i consociati debbono poter necessariamente disporre in una figura destinata a garantire la sicurezza dei traffici giuridici, nel preminente interesse dello Stato di diritto.
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