Può proseguire il procedimento per accertare la responsabilità deontologica di un avvocato in ordine ai principi regolatori della pubblicità del settore anche se il fatto è prodotto da una denuncia il cui autore preferisce rimanere anonimo.
In questo senso si è espresso il Consiglio nazionale forense con sentenza n. 75/2021, di fronte all’archiviazione di un procedimento disciplinare disposta dal Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD).
Un cittadino, con denuncia anonima presentata al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati (COA), ha lamentato che un avvocato ha messo online un sito internet pubblicizzando lo svolgimento dell’attività a costi bassi, precisi e chiari, con primi appuntamenti gratuiti, nonché l'applicazione di tariffe basse e riscossione degli onorari a definizione delle pratiche.
In seguito, il CDD ha disposto l’archiviazione della notizia di illecito in quanto:
Tale provvedimento è stato impugnato dal COA.
Il ricorso, secondo il CNF, è fondato.
La sentenza n. 75 del 2021 afferma che non ha rilevanza il fatto, nel caso trattato, che il denunciante sia rimasto anonimo.
Solo dove l’anonimato renda di fatto impossibile ottenere chiarimenti sull’esposto e non sia possibile un approfondimento istruttorio d’ufficio, risulta legittima
l’archiviazione del procedimento per il principio di presunzione di non colpevolezza.
Ma ciò non si ravvisa nella questione in esame che attiene a servizi pubblicizzati su un sito internet, riscontrabili a prescindere dalla fonte della notizia di illecito.
Con riferimento ai modi di fare pubblicità da parte dei legali, il CNF ha sostenuto che vìola le prescrizioni normative quella pubblicità aventi modalità attrattive della clientela operate con mezzi suggestivi ed incompatibili con la dignità e con il decoro della professione, quale ad esempio l’uso del termine “gratuito”.
Con precedenti pronunce è stato affermato come sia vietato adoperare forme di pubblicità professionale comparativa ed autocelebrativa ed offrire prestazioni professionali a compensi infimi o a forfait.
In conclusione, gli atti vanno rimessi al giudice della disciplina affinché valuti la condotta tenuta dal professionista in base ai principi indicati.
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