Demansionamento accolto se finalizzato alla conservazione del posto di lavoro
Pubblicato il 22 settembre 2011
Rispondendo ad un quesito sollevato dai Consulenti del lavoro, che chiedevano spiegazioni in merito all’esatta interpretazione della disposizione contenuta nel T.U. maternità, circa l’esercizio del diritto della lavoratrice al rientro e alla conservazione del posto di lavoro successivamente alla fruizione del periodo di astensione per maternità, il ministero del Lavoro, con l’interpello n.
39/2011 del 21 settembre, offre le seguenti precisazioni:
- è lecito il patto di demansionamento sottoscritto tra il datore e la lavoratrice madre, rientrante in servizio in epoca antecedente al compimento di un anno di età del bambino. È, però, opportuno verificare che “
il contesto aziendale sia tale che, per fondate e comprovabili esigenze tecniche, organizzative e produttive o di riduzione di costi, non sussistano alternative diverse per garantire la conservazione del posto di lavoro e per consentire l’esercizio delle mansioni”.
Il Ministero ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, che nel tempo ha accolto la possibilità di deroga al principio che sancisce la nullità di qualunque patto che preveda condizioni peggiorative per la lavoratrice madre se l’accordo preso è finalizzato alla conservazione del posto di lavoro. Solo in queste circostanze, la Corte accoglie il demansionamento, come
extrema ratio per la salvaguardia del posto di lavoro.
- non è lecito durante il periodo in cui dura il divieto di licenziamento (compimento di un anno di età del figlio), attuare una decurtazione della retribuzione della lavoratrice. Tale soluzione appare in contrasto con la finalità della norma che comunque preclude il recesso datoriale anche nelle ipotesi di soppressione del posto di lavoro, a meno che non si verifichi la cessazione dell’attività dell’azienda.
Circa la richiesta di chiarimento formulata dai Consulenti sul contratto di solidarietà difensivo e, cioè, se sia possibile continuare a fruire del contributo, nell'eventualità della soppressione di un reparto o della funzione cui era addetto il lavoratore in solidarietà, la nota ministeriale spiega che nella misura in cui l’azienda dovesse adottare,
in extremis, il provvedimento di licenziamento nei confronti di alcuni lavoratori in solidarietà per soppressione della funzione, ciò potrebbe comportare il venir meno dell’erogazione dei benefici, per la perdita delle condizioni che avevano portato a stipulare il contratto di solidarietà stesso.