Delegare l’attività di consulenza del lavoro è reato di abuso di esercizio della professione

Pubblicato il 01 marzo 2013 Sussistono gli estremi del reato di esercizio abusivo di una professione laddove la gestione dei servizi e degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale venga curata, non da dipendenti di un'associazione di categoria, di cui l'art. 1, comma 4 della legge n. 12 del 1979 eccezionalmente riconosce la possibilità di quella gestione, ma da un soggetto privo del titolo di consulente del lavoro, ovvero non iscritto al relativo albo professionale, che sia socio di una società solo partecipata da una di quelle associazioni di categoria”.

Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. n. 9725 deposita in data 28 febbraio 2013.

La Cassazione, nel confermare la decisione della Corte d’appello, ribadisce che la legge n. 12/1979 riconosce la possibilità alle imprese artigiane e alle altre piccole imprese, anche cooperative, di affidare l'esecuzione degli adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale dei lavoratori dipendenti a servizi istituiti dalle rispettive associazioni di categoria, ma sottolinea anche che è da escludere assolutamente che le medesime attività possano essere delegate a terzi dalle stesse associazioni di categoria, pena l'aggiramento delle disposizioni della citata legge sulla garanzia delle prestazioni professionali. Dunque, un’associazione di categoria può svolgere attività di consulenza del lavoro per le imprese rappresentate, ma non può delegare tale attività ad altri.
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