In materia di deducibilità ai fini Ires e Irap di interessi passivi pagati su atti di conciliazione e di accertamento con adesione il Fisco conferma il proprio orientamento ammettendola anche se collegati a imposte non deducibili.
Si evince dalla risposta a interpello n. 172 delle Entrate data il 20 agosto 2024.
Nel caso trattato, una società ha finalizzato degli accordi di conciliazione e adesione con la direzione regionale competente dell’Agenzia delle Entrate per risolvere questioni riguardanti i prezzi di trasferimento relativi alle annualità dal 2014 al 2018. In seguito a questi accordi, la società ha pagato somme aggiuntive per imposte e interessi dovuti per ritardi nei pagamenti.
La società ha richiesto di poter dedurre le somme versate in relazione alle maggiori imposte definite a seguito di adesione, dalle basi imponibili relative all'IRES e all'IRAP.
La richiesta prende spunto dal fatto che, sebbene l’Amministrazione finanziaria abbia confermato la deducibilità degli interessi, è però intervenuta l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 28740 del 4 ottobre 2022, che ha generato alcuni dubbi interpretativi.
Detta pronuncia ha affermato che tale deducibilità debba escludersi nelle ipotesi in cui gli interessi non scaturiscano da un'operazione potenzialmente idonea a produrre utili, come nel caso in cui ci si trovi in presenza di interessi moratori dovuti in conseguenza dell'omesso o del tardivo versamento di somme dovute dall'impresa.
Nel fornire la risposta n. 172/2024 l’Agenzia delle Entrate ha confermato quanto precedentemente sostenuto nella risposta 541 del 2022 per quanto concerne la deducibilità degli interessi dovuti per il ritardo nel pagamento delle tasse, risultanti da accordi di conciliazione.
Tali interessi possono essere detratti applicando il metodo di calcolo previsto dal TUIR, considerando l'intero importo degli interessi.
Questa valutazione è slegata sia dalle circostanze specifiche dell'azienda che ha causato l'accaduto sia dalla possibilità di dedurre i costi associati agli interessi.
Un concetto simile era già stato formulato precedentemente dall'Amministrazione finanziaria nella risoluzione n. 178 del 9 novembre 2001, trattando degli interessi passivi corrisposti su finanziamenti erogati per differire il pagamento di sanzioni irrogate dalla Commissione Europea.
In tale sede, è stato sottolineato che l'articolo 63 del TUIR (ora articolo 96) non impone restrizioni sulla deducibilità degli interessi passivi basandosi sugli eventi che li hanno causati o sulla natura del debito a cui sono legati.
Questa interpretazione è rafforzata anche dalla relazione ministeriale sul TUIR, che specifica come anche gli interessi per la dilazione di pagamento delle somme debite, regolati dal DPR n. 602/1973, siano chiaramente considerati interessi passivi, anche se sono collegati a tasse.
Pertanto, vista l'autonomia della funzione degli interessi passivi, la loro deducibilità si valuta applicando i criteri di calcolo dell'articolo 63 del TUIR, che si basano sull'importo totale degli interessi, indipendentemente dalle particolarità aziendali o dalla deducibilità dei costi correlati.
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