Per la ripetuta violazione della disciplina sui riposi giornalieri e settimanali, la Cassazione, con sentenza n. 17154 del 26 agosto 2015, ha riconosciuto al lavoratore il diritto al danno da usura, quale danno non patrimoniale distinto da quello biologico ed inerente la violazione del diritto al riposo costituzionalmente protetto, quale danno prodottosi per la protrazione della maggiore penosità del lavoro imposta dai turni assegnati in un lungo arco temporale (di anni) senza ricorso adeguato a riposi compensativi.
Per la Corte, l’attribuzione patrimoniale spettante al prestatore di lavoro a causa della perdita della cadenza settimanale del riposo, ex art. 36, terzo comma Cost. - avente natura risarcitoria di un danno (usura psico-fisica) correlato ad un inadempimento del datore di lavoro - deve essere stabilita dal giudice secondo una motivata valutazione che tenga conto della gravosità delle varie prestazioni lavorative e di eventuali strumenti ed istituti affini della disciplina collettiva, nonché di clausole collettive che disciplinino il risarcimento riconosciuto al lavoratore nell’ipotesi "de qua".
Tale risarcimento, tuttavia, non deve confondersi con la maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di festività con la giornata di riposo settimanale.
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