Dalla UE stop al segreto salariale

Pubblicato il 07 aprile 2022

Stop UE al segreto salariale. In futuro, infatti, le aziende con almeno 50 dipendenti potrebbero essere obbligate a rendere noti i dati sulle retribuzioni per genere e, qualora emergesse un divario retributivo tra uomini e donne, avviare azioni concrete per garantire la parità tra i lavoratori.

La novità giunge dal Parlamento UE che è pronto ad avviare i negoziati con i governi degli Stati membri sulla proposta di direttiva volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni.

Con ogni probabilità si arriverà ad un testo condiviso nella sua versione finale in tempi brevissimi considerato che il Consiglio UE ha già approvato la sua posizione comune nel dicembre 2021.

La direttiva si applica ai datori di lavoro del settore pubblico e privato.

Divario retributivo di genere: alcuni dati

Nonostante il diritto alla parità retributiva tra donne e uomini sia un principio fondamentale sancito dal trattato di Roma e la necessità di garantire la parità retributiva sia espressa nella direttiva 2006/54/CE e da una raccomandazione della Commissione sulla trasparenza retributiva del 2014, tale diritto nell'UE resta in pratica inapplicato. E uno dei maggiori ostacoli alla sua piena attuazione è rappresentato proprio dalla mancanza di trasparenza retributiva.

Significativi sono i dati statistici (2019) sul divario retributivo di genere nell'UE dove le donne guadagnano in media circa il 14% in meno degli uomini per lo stesso lavoro.

Il divario retributivo si ripercuote poi sugli assegni pensionistici delle donne, inferiori in media di circa il 33% rispetto alle pensioni percepite dagli uomini.

La pandemia di COVID-19 e le sue conseguenze economiche e sociali hanno ovviamente acuito le differenze di genere, colpendo in modo particolare le lavoratrici.

Divario retributivo di genere: obiettivi del legislatore UE

Il legislatore UE vuole contrastare il persistere di tale situazione attraverso la previsione di norme in materia di trasparenza retributiva che consentano ai lavoratori di rivendicare il loro diritto alla parità retributiva.

Sono 3 gli obiettivi specifici che la proposta di direttiva persegue:

1) garantire la trasparenza retributiva;

2) agevolare l'applicazione dei suoi concetti chiave;

3) rafforzare i meccanismi di applicazione.

Divario retributivo di genere: abolizione del segreto salariale

Nella fase preassuntiva, si prevede che i datori di lavoro debbano indicare nell'avviso di posto vacante o in altro modo prima del colloquio di lavoro il livello retributivo iniziale (o la relativa fascia) per una specifica posizione o mansione, definito sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere.

Successivamente all'assunzione, i datori di lavoro devono rendere accessibile ai lavoratori una descrizione dei criteri neutri sotto il profilo del genere utilizzati per definire la loro retribuzione e il loro avanzamento di carriera.

I lavoratori possono chiedere al datore di lavoro, anche tramite i loro rappresentanti o tramite un organismo per la parità, informazioni sul livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso e categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.

Il datore di lavoro deve informare annualmente tutti i lavoratori del loro diritto a ricevere tali informazioni e a fornire le informazioni richieste entro un periodo di tempo ragionevole e in formati accessibili ai lavoratori con disabilità su loro richiesta.

I datori di lavoro con almeno 50 lavoratori (250 lavoratori secondo il testo iniziale) sono tenuti a rendere pubbliche in azienda le informazioni sul divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile. L'obbligo di trasparenza retributiva copre oltre allo stipendio normale di base anche le componenti complementari o variabili.

Le informazioni sono fornite a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti, nonché all'organismo di monitoraggio e trasmesse all'ispettorato del lavoro e all'organismo per la parità su loro richiesta.

Sulla base delle informazioni fornite, i lavoratori e i loro rappresentanti, gli ispettorati del lavoro e gli organismi per la parità hanno il diritto di chiedere al datore di lavoro chiarimenti e dettagli in merito a dette informazioni, comprese spiegazioni su eventuali disparità retributive di genere. Il datore di lavoro è tenuto a rispondere a tali richieste entro un termine ragionevole fornendo una risposta motivata.

Divario retributivo di genere: valutazione congiunta delle retribuzioni

Se dalle informazioni sulle retribuzioni comunicate emerge una disparità della retribuzione media tra lavoratori e lavoratrici pari ad almeno il 2,5% (5% nella proposta della Commissione UE) in una qualsiasi categoria di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, non giustificata da fattori oggettivi e neutri sotto il profilo del genere, il datore di lavoro deve effettuare una valutazione delle retribuzioni.

La valutazione congiunta delle retribuzioni è effettuata in cooperazione con i rappresentanti dei lavoratori.

I datori di lavoro mettono le valutazioni congiunte delle retribuzioni a disposizione dei lavoratori, dei rappresentanti dei lavoratori, dell'organismo di monitoraggio, dell'organismo per la parità e dell'ispettorato del lavoro.

Se emergono disparità che non possono essere giustificate da fattori oggettivi, il datore di lavoro deve adottare misure correttive.

Il Parlamento UE chiede alla Commissione UE di creare una denominazione ufficiale per le aziende che non presentano un divario retributivo di genere.

Divario retributivo di genere: tutela dei diritti

Gli Stati membri dovranno garantire procedure giudiziarie per l'applicazione dei diritti e degli obblighi derivanti dalla direttiva.

Ogni lavoratore che subirà un danno causato da una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità retributiva dovrà avere il diritto di chiedere e ottenere il pieno risarcimento del danno causato.

Si prevede la possibilità di azioni collettive da parte di associazioni, organizzazioni, organismi per la parità e rappresentanti dei lavoratori o altri soggetti giuridici interessati a garantire la parità tra uomini e donne.

Al lavoratore discriminato spetta il diritto ad essere inserito nella posizione in cui si sarebbe trovato se non si fosse verificata alcuna discriminazione, con il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, oltre al risarcimento per le opportunità perse e per il pregiudizio morale.

Infine, viene affermato il principio dell'inversione dell'onere della prova per il quale spetterebbe al datore di lavoro convenuto provare l'insussistenza della violazione del principio di parità retributiva.

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