Con la pubblicazione del decreto cd. “Rilancio” (D.L. n. 34/2020) sono entrate in vigore lo scorso 19 maggio nuove importanti misure dirette a contrastare l’emergenza epidemiologica da covid-19. Le nuove misure riguardano numerose ed articolate argomentazioni che lasciano ampio spazio ad incertezze operative.
Per lo “sconto” Irap ancora poche certezze all’orizzonte. Come noto, la norma dell’articolo 24 del D.L. n.34/2020 stabilisce che, per una specifica platea di soggetti, non è dovuto il versamento del saldo Irap 2019 e del primo acconto 2020. Beneficiari della nuova misura sono esclusivamente i soggetti (imprese e lavoratori autonomi) con ricavi o compensi non superiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019, mentre ne resta fuori non solo chi ha realizzato ricavi o compensi superiori a 250 milioni di euro nel precedente periodo d’imposta ma anche le imprese di assicurazione, le Amministrazioni ed Enti pubblici, le banche e gli intermediari finanziari. Riguardo la norma in esame, Assonime (nella news legislativa del 22.05.2020) osserva che non si tratta di un'agevolazione di natura meramente finanziaria, bensì di un “beneficio definitivo”: in questo senso depone il dato letterale della norma secondo cui, per l'appunto, il versamento "non è dovuto".
Riflessi della nuova disposizione anche sui bilanci: il dubbio riguarda, in particolare, la contabilizzazione del beneficio nel bilancio 2019 oppure in quello 2020. Su questo punto appare pacifico che, ove l’impresa abbia approvato il bilancio relativo al 2019 “prima” della pubblicazione del D.L. n.34/2020 (19 maggio 2020) e, dunque, il costo relativo all'IRAP del 2019 sia stato già imputato in tale bilancio, occorrerà rilevare eventualmente una sopravvenienza attiva nel bilancio 2020, a fronte della non debenza del saldo Irap 2019. Per le imprese che, invece, fruiscono della possibilità di approvare il bilancio nel più ampio termine di 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio, diverse sono le soluzioni proposte dalla stampa specializzata: ad avviso di chi scrive una possibilità è quella che di rilevare nel bilancio 2019 il costo relativo all’Irap di competenza nella misura prevista dalle disposizioni del decreto “Rilancio” e, quindi, al netto della quota di saldo Irap in quanto non dovuta. In ogni caso, la scelta contabile dell’azienda ed i relativi effetti dovranno essere illustratati nella nota integrativa in modo da fornire al lettore del bilancio una chiara informativa.
Ulteriori punti di criticità sono individuabili nelle modalità di calcolo. In primo luogo, al comma 1, viene stabilito che non è dovuto il versamento del saldo IRAP relativa al periodo d'imposta 2019; resta dovuto, in ogni caso, l’acconto 2019 determinato con riferimento all'imposta desumibile dal modello IRAP 2019.
Non è, inoltre, dovuto il versamento della prima rata dell’acconto dell’IRAP relativa al periodo di imposta 2020, nella misura del 40% (articolo 17, comma 3, del D.P.R. n. 435/2001) ovvero pari al 50% per i soggetti assoggettati agli Isa. L'importo di tale versamento è, comunque, escluso dal calcolo dell'imposta da versare a saldo per il 2020. Pare, quindi, che - ai fini del saldo Irap 2020 (risultante dalla dichiarazione Irap 2021) – sia possibile scomputare dall’importo complessivamente dovuto non solo la seconda rata in scadenza al 30.11.2020, ma anche la prima rata che, per effetto della norma in esame, non è dovuta. Sul punto, nella relazione al decreto viene precisato che “l’esclusione opera fino a concorrenza dell’importo della prima rata calcolato con il metodo storico ovvero, inferiore, con il metodo previsionale”. Detta indicazione ha fatto sorgere non pochi dubbi interpretativi sulle modalità di calcolo di cui tener conto ai fini del saldo Irap 2020. Così, appare pacifico che, se l’Irap dovuta a saldo 2020 è pari a 12.000 euro ed il primo e secondo acconto sono stati calcolati su uno storico di 10.000 (e, quindi, pari a 5.000 ciascuno in caso di soggetto Isa, ovvero 4.000 in acconto e 6.000 a saldo per i soggetti no Isa), l’importo da versare sarà pari a 2.000 scomputando dall’Irap complessivamente dovuta non solo l’ammontare del secondo acconto ma anche quello del primo acconto (figurativamente determinata in misura pari al 40% - o 50% per i soggetti ISA - dell'IRAP dovuta 2019) benché non versato. Diversamente, nel caso in cui l’Irap da versare a saldo sia pari a 8.000 euro, la dichiarazione sarà a “credito” di 2.000, fermo restando che a novembre siano stati versati 5.000 euro di acconto. Tale eventualità, secondo alcuni autori non è nelle intenzioni del legislatore e, pertanto, lo sconto dovrebbe essere utilizzato fino a capienza del saldo, al massimo azzerandolo. Non si ritiene condivisibile questa tesi, ma attendiamo chiarimenti dal Fisco; così come chiarimenti dovranno essere forniti riguardo l’utilizzo del metodo previsionale, tenuto conto anche di quanto previsto dall’articolo 20 del decreto liquidità.
Va, infine, segnalato che in una recente risoluzione (n. 28/E del 29 maggio 2020) l’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza sull’ambito temporale di applicazione della norma di cui all’articolo 24 del D.L. n. 34/2020, con specifico riferimento ai soggetti che esercitano la propria attività in periodi d’imposta non coincidenti con l’anno solare. In particolare il documento di prassi, dopo un breve excursus della normativa in esame, ricorda le peculiarità legate ai termini di versamento: per i contribuenti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, i versamenti devono avvenire entro l’«ultimo giorno del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta» (saldo periodo precedente e I° rata dell’acconto) e l’«ultimo giorno dell’undicesimo mese dello stesso periodo d’imposta» (II° rata dell’acconto). Risulta, quindi, determinante individuare il «periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019». A tal fine, vengono proposte - in una tabella - alcune esemplificazioni che ci permettono di comprendere come procedere in tali casistiche.
In considerazione della situazione emergenziale, è “prorogato” dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2020 il termine “lungo” entro cui effettuare l’investimento necessario per fruire del super-ammortamento 2019. La norma del D.L. n. 34/2019, lo si ricorda, prevede(va) che per fruire del super-ammortamento (ultima “edizione”), i soggetti titolari di reddito d’impresa e gli esercenti arti e professioni devono effettuare gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi dal 1° aprile 2019 al 31 dicembre 2019 ovvero entro il 30 giugno 2020 a condizione che entro il 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. Con l’emergenza da covid-19 sono, però, sorte non poche difficoltà operative in merito al rispetto di detto termine “lungo”. Con l’intervento normativo si è inteso porre un freno alle incertezze, dando più tempo a chi deve effettuare l’investimento. Così, una volta effettuata la c.d. “prenotazione” (accettazione dell’ordine e pagamento dell’acconto minimo), si potrà effettuare l’investimento entro il 31 dicembre 2020.
Per l’anno 2020 viene elevata a 1 milione di euro (rispetto all’attuale limite di 700.000 euro) la soglia annua di utilizzo in compensazione “orizzontale” dei crediti fiscali e contributivi. Tale provvedimento - si segnala nella relazione illustrativa al decreto – “è volto a incrementare la liquidità delle imprese, favorendo lo smobilizzo dei crediti tributari e contributivi attraverso l’istituto della compensazione”. Così, anche se l’intento del legislatore appare nobile, sul piano operativo occorrerà comunque tener ben presente l’obbligo di “preventiva” presentazione della dichiarazione (nel caso di crediti di ammontare superiore a 5.000 euro) nonché la norma in materia di apposizione del visto di conformità. Sebbene da più parti sia stata avanzata la richiesta di eliminare temporaneamente l’applicazione di dette disposizioni, al momento non pare ci siano novità su questo fronte e, pertanto, la norma resta quella in vigore.
Si rammenta, infatti, che per effetto del cd. “collegato fiscale” alla legge di bilancio 2020 (D.L. n.124/2020) - analogamente alle disposizioni in materia di Iva - i crediti relativi alle imposte dirette (Irpef ed Ires) e relative addizionali, all’Irap ed alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi possono essere utilizzati in compensazione “orizzontale”, per importi superiori a 5.000 euro annui, solo a partire dal 10° giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito. Detta misura, lo si ricorda, non si applica alle compensazioni “verticali o interne” né tanto meno alle compensazioni “orizzontali” di crediti di imposta per importi pari o inferiori a 5.000 euro annui: per queste ultime restano valide, infatti, le disposizioni in vigore. Ancora, sul piano temporale, si rammenta che dette regole si applicano “ai crediti maturati a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019” (ossia quelli emergenti dalla dichiarazione 2020). Così, ad esempio, se la Alfa S.r.l. dispone di un credito Ires 2019 risultante dal modello redditi 2020 di 8.500 euro, la stessa potrà:
fino all’importo di 5.000 euro utilizzare “liberamente” il credito a partire dal 1° gennaio 2020;
per i restanti 3.500 euro, l’utilizzo in compensazione orizzontale è possibile previa presentazione della dichiarazione; occorrerà, dunque, fare i conti con una possibile “anticipazione” della presentazione del modello di dichiarazione dei redditi /Irap (il cui termine di presentazione è il 30 novembre; diverso per il modello Iva il cui termine di presentazione è slittato dal 30 aprile al 30 giugno 2020) laddove si intenda sfruttare quanto prima il plafond di credito da utilizzare in compensazione.
Per l’anno 2020, in sede di erogazione dei rimborsi fiscali non si applica la “compensazione” tra il credito d’imposta vantato dal contribuente ed il debito dello stesso eventualmente iscritto a “ruolo”. Come noto, la norma dell’articolo 28-ter del D.P.R. n.602/1972 stabilisce che, in sede di erogazione di un rimborso d'imposta, l'Agenzia delle entrate “verifica” se il beneficiario di detto rimborso risulta avere pendenze a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita “segnalazione” all'agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso le somme da rimborsare.
Ricevuta la segnalazione, l'agente della riscossione notifica all'interessato una “proposta di compensazione” tra il credito d'imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l'azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro 60 giorni se intende accettare tale proposta.
Nel caso la proposta sia accettata, l'agente della riscossione movimenta le somme e le riversa entro i limiti dell'importo complessivamente dovuto a seguito dell'iscrizione a ruolo. Di converso, con il rifiuto della proposta o il mancato riscontro della stessa, cessano gli effetti della sospensione e l'agente della riscossione comunica all'Agenzia delle entrate che non ha ottenuto l'adesione alla proposta di compensazione. All'agente della riscossione spetta il rimborso delle spese per la notifica nonché un rimborso forfetario. Per effetto dell’articolo 145 del D.L. n.34/2020, nel corso del 2020, tale meccanismo non trova applicazione; ciò - si legge nella relazione illustrativa al decreto – al fine di immettere liquidità nel sistema economico.
Le somme “indebitamente” erogate al lavoratore o al pensionato devono essere restituite al sostituto d’imposta al “netto” della ritenuta operata al momento dell’erogazione. L’articolo 150 del decreto “Rilancio”, infatti, ha “aggiunto” all’articolo 10 del Tuir il comma 2-bis in base al quale “le somme di cui alla lettera d-bis) del comma 1, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili”. Al sostituto d’imposta che ha versato all’erario la ritenuta e che ha avuto in restituzione le somme al netto della stessa, spetta un credito di imposta nella misura del 30% delle somme ricevute, utilizzabile in compensazione senza limiti di importo.
Questa, in sintesi, la nuova norma che risulta applicabile alle somme restituite dal 1° gennaio 2020, senza alcun effetto per i rapporti già definiti al 19.05.2020.
Tuttavia, si ricorda che a norma dell’articolo 10, comma 1, lett. d-bis) del Tuir sono deducibili dal reddito complessivo le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione (anche separata) in anni precedenti, nel presupposto che la restituzione delle somme sia avvenuta al lordo delle ritenute fiscali operate all’atto del pagamento. Questa norma ha generato un contrasto giurisprudenziale tra i sostituti che pretendevano la restituzione delle somme indebitamente erogate al lordo delle ritenute e quelli che ritenevano di dover restituire tali somme al netto delle ritenute. Come evidenziato nella relazione illustrativa al D.L. n.34/2020, l’indirizzo giurisprudenziale “prevalente” ritiene che “la ripetizione dell’indebito nei confronti del percettore non può che avere ad oggetto le somme che questi abbia effettivamente percepito in eccesso, non potendosi pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del percettore” (ad es. Cassazione, Sez. Lav., n. 19735/2018). Pertanto, il datore ha diritto di ripetere quanto il dipendente abbia effettivamente percepito (somma netta) e non anche le ritenute fiscali operate quale sostituto d’imposta e mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente.
Con la novella normativa (coma 2-bis), quindi, viene espressamente previsto che le somme percepite, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al soggetto erogatore “al netto” della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili. Il sostituto d’imposta al quale sono restituite le somme al netto delle ritenute potrà recuperare quanto versato per le ritenute attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta pari al 30% delle somme ricevute, utilizzabile senza limite di importo in compensazione.
Due strade per la restituzione delle somme erogate |
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articolo 10, comma 1, lett. d-bis) del TUIR |
articolo 10, comma 2-bis |
Sono deducibili dal reddito complessivo le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti, nel presupposto che il sostituto restituisca somme che non erano state assoggettare a ritenuta fiscale. L’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, è possibile chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto. |
Le somme di cui alla lettera d-bis) del comma 1, se assoggettate a ritenuta fiscale, sono restituite “al netto” della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili. |
Sospeso fino al 31 agosto il blocco dei pagamenti delle Pubbliche amministrazioni nei confronti soggetti debitori di una o più cartelle di pagamento scadute per un importo superiore a 5.000 euro.
Con l’articolo 153 del decreto “Rilancio” viene, infatti, sospesa - nel periodo previsto dall’articolo 68 del decreto “Cura Italia” (ossia dall'8 marzo al 31 agosto 2020, come modificato dall’articolo 154 del decreto “Rilancio”, nonché dal 21 febbraio al 31 agosto per i soggetti che alla stessa data avevano residenza o domicilio fiscale in uno dei comuni della cd “zona rossa” di cui al D.P.C.M. 1° marzo 2020) - l’operatività delle disposizioni di cui all’articolo 48-bis del D.P.R. n. 602/1973.
Trattasi, lo si ricorda della norma secondo cui le Pubbliche Amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare il pagamento di un importo superiore a 5.000 euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è “inadempiente” all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento del dovuto e “segnalano” tale circostanza all'agente della riscossione competente ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
In presenza di carichi “pendenti”, quindi, Il soggetto pubblico non procede al pagamento delle somme dovute al beneficiario, fino alla concorrenza dell'ammontare del debito comunicato, per i 60 giorni successivi a quello della comunicazione (termine che consente all’agente della riscossione di notificare l’atto di pignoramento presso terzi). Trascorso tale termine senza che il competente agente della riscossione abbia notificato, ai sensi dell'articolo 72-bis del D.P.R. n. 602/1973, l'ordine di pagamento, il soggetto pubblico procede al pagamento delle somme spettanti al beneficiario. Qualora, invece, l’agente della riscossione comunichi che non vi sono inadempienze ovvero non fornisce risposta entro 5 giorni feriali successivi al ricevimento della comunicazione, la PA può procedere al relativo pagamento.
Ciò premesso, per effetto della novella normativa il debitore può ricevere il pagamento delle somme di cui è creditore nei confronti delle P.A. anche nel caso in cui sia inadempiente - inadempienti, per un importo pari almeno a 5.000 euro - all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di uno o più di cartelle di pagamento.
La norma chiarisce, infine, che la sospensione del blocco dei pagamenti riguarda anche le verifiche eventualmente già effettuate, anche in data antecedente al periodo di sospensione (8 marzo 2020 ovvero 21 febbraio per i contribuenti della “zona rossa” di cui al DPCM 01.0.3.2020), a condizione che l’agente della riscossione non abbia già notificato l’ordine di versamento di cui all’articolo 72 del DPR 602/1973. Sul punto, l’Agenzia Entrate-Riscossione in una apposita FAQ ha chiarito che “le verifiche eventualmente già effettuate, anche prima dell’inizio della sospensione, che hanno fatto emergere una situazione di inadempienza ma per le quali l’agente della riscossione non ha ancora notificato l’atto di pignoramento, sono prive di qualunque effetto e le amministrazioni pubbliche procedono al pagamento a favore del beneficiario”.
Al fine di garantire i “conguagli” derivanti dalla presentazione del modello 730, il decreto “Rilancio” dispone l'ampliamento della platea dei contribuenti che si avvalgono del 730 “senza sostituto d'imposta”.
Con l’articolo 159 del D.L. n.34/2020, quindi, il legislatore cerca di far fronte all’impossibilità – conseguente l’emergenza epidemiologica - per molti sostituti d’imposta di effettuare i conguagli derivanti dalla presentazione del 730 (in caso di insufficienza di ritenute operate); situazione che potrebbe comportare un ulteriore danno al lavoratore che non percepirebbe il rimborso dell’eccedenza di imposte risultanti dalla propria dichiarazione. Così, al fine di evitare un ulteriore danno al contribuente, derivante dalla mancata definizione del conguaglio fiscale, viene prevista la possibilità di presentare il modello 730/2020 nella modalità “senza sostituto” (secondo le disposizioni di cui all’articolo 51-bis del D.L. n. 69/2013) anche in presenza di un sostituto d’imposta tenuto a effettuare il conguaglio. Si tratta, comunque, di una disposizione limitata al solo anno d’imposta 2019 e, quindi, al modello 730/2020.
Sarà compito dell’Agenzia delle Entrate provvedere all’erogazione del rimborso nel caso dalla dichiarazione emerga un credito: solitamente il rimborso avviene nel mese di dicembre dell’anno di presentazione. Per velocizzare i tempi è possibile comunicare alla stessa Agenzia il codice Iban del conto corrente bancario o postale intestato (o cointestato) al contribuente sul quale accreditare il rimborso. Se, invece, emerge un debito, il pagamento viene effettuato tramite il modello F24.
Si ricorda che - sul piano operativo - il modello 730 “senza sostituto” ordinario va presentato a un Caf o a un professionista abilitato; in entrambi i casi nelle informazioni relative al contribuente va indicata la lettera “A” nella casella “730 senza sostituto” e nel riquadro “Dati del sostituto d’imposta che effettuerà il conguaglio” va barrata la casella “Mod. 730 dipendenti senza sostituto”. E’ chiaro che, laddove il datore di lavoro non si trovasse nelle difficoltà su evidenziate, procede come di consueto alla presentazione del modello 730.
Con l’articolo 81 del decreto “Rilancio” si modifica il contenuto dell’articolo 103 del D.L. n. 18/2020 in materia di sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi. In particolare, la norma, incide in modo significativo sulla validità del DURC restringendone il periodo di validità. Nella versione originaria dell’articolo 103 del “Cura Italia”, infatti, stabiliva che tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'articolo 15 del DPR 380/2001, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i 90 giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. Si tratta, in particolare, della Scia, dei certificati di agibilità nonché delle autorizzazioni paesaggistiche e ambientali. Tra questi documenti, rientra anche il documento unico di regolarità contributiva (cd. Durc), così come precisato dall’Inps (messaggio n.1374/2020). Tuttavia, per effetto del decreto “Rilancio”, se da una parte, è stata confermata la proroga della validità dei suddetti documenti fino al 29 ottobre 2020, dall’altra, è stata inserita una “eccezione” per i documenti unici di regolarità contributiva; in particolare, un Durc con scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020 potrà conservare la sua validità fino al 15 giugno 2020.
Istituito il cd. “buono mobilità” per l’acquisto di biciclette e veicoli elettrici. In particolare, si modifica l’articolo 2 del D.L. n. 111/2019 che aveva introdotto alcune disposizioni dirette ad incentivare la mobilità sostenibile nelle aree metropolitane. Per effetto dell’articolo 229 del decreto “Rilancio” il nuovo "buono mobilità" è destinato ai residenti maggiorenni nei capoluoghi di Regione, nelle Città metropolitane, nei capoluoghi di Provincia ovvero nei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti per l’acquisto di determinati mezzi. Nello specifico, è possibile usufruire - dal 4 maggio 2020 al 31 dicembre 2020 - di un contributo pari al 60% della spesa sostenuta e, comunque, in misura non superiore a euro 500 per l’acquisto di biciclette, anche a pedalata assistita, nonché veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica (ad es. monopattini, hoverboard e segway) ovvero per l’utilizzo di servizi di mobilità condivisa a uso individuale esclusi quelli mediante autovetture. Detto beneficio può essere richiesto per una sola volta ed esclusivamente per una delle destinazioni d’uso previste. Con un apposito decreto saranno definite le modalità ed i termini per l'ottenimento e l'erogazione del beneficio.
Al fine di ridurre le emissioni climalteranti, la norma del decreto “Rilancio” è intervenuta anche sulla disciplina del buono per la rottamazione di veicoli e motocicli inquinanti. Nello specifico, è stato previsto un “buono mobilità” destinato ai soggetti che rottamano, dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2021, autovetture omologate fino alla classe Euro 3 o motocicli omologati fino alla classe Euro 2 ed Euro 3 a due tempi; questo buono, “cumulabile” con l’altra tipologia di beneficio, è pari ad euro 1.500 per ogni autovettura ed a euro 500 per ogni motociclo rottamati da utilizzare, entro i successivi tre anni, per l'acquisto, anche a favore di persone conviventi, di abbonamenti al trasporto pubblico locale e regionale, nonché di biciclette anche a pedalata assistita, e di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica ovvero per l'utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale. Resta fermo che detto buono non costituisce reddito imponibile del beneficiario e non rilevi ai fini del computo dell'ISEE.
Si riportano, di seguito, alcune interessanti FAQ (“aggiornate” al 29 maggio 2020) pubblicate sul sito del Ministero dell’Ambiente all’indirizzo https://www.minambiente.it/bonus-mobilita
Bonus mobilità – le FAQ del ministero |
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Come avverrà il rimborso? |
Ci saranno due fasi: in una sarà il cittadino ad essere rimborsato del 60% della spesa; nella seconda il cittadino paga al negoziante aderente direttamente il 40% e sarà il negoziante aderente a ricevere il rimborso del 60%. Il rimborso avverrà nei limiti delle risorse disponibili. |
Come funziona? |
Il buono mobilità può essere fruito utilizzando una specifica applicazione web che è in via di predisposizione e sarà accessibile, anche dal sito istituzionale del Ministero, entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto interministeriale attuativo del Programma buono mobilità.
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Possono usufruirne solo i cittadini in comuni sopra i 50.000 abitanti? |
No! Possono usufruire del buono mobilità per l’anno 2020 i maggiorenni che hanno la residenza (e non il domicilio) nei capoluoghi di Regione (anche sotto i 50.000 abitanti), nei capoluoghi di Provincia (anche sotto i 50.000 abitanti), nei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti e nei comuni delle Città metropolitane (anche al di sotto dei 50.000 abitanti). |
Cosa posso acquistare? |
Il buono mobilità può essere richiesto una sola volta e per l’acquisto di un solo bene o servizio tra quelli di seguito elencati:
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Cosa si intende per mobilità condivisa a uso individuale? |
Per mobilità condivisa a uso individuale si intende una modalità di spostamento che prevede l’uso dimezzi e veicoli “condivisi” messi a disposizione da operatori pubblici e privati. I servizi di c.d. “sharing mobility”, es. scooter sharing, bike sharing, sono fruibili in numerose città d’Italia. |
Posso acquistare accessori? |
Non è ammissibile l’acquisto di accessori (caschi, batterie, catene, lucchetti, ecc.). |
Posso acquistare bici o veicoli usati? |
Sì, possono essere acquistati veicoli usati per la mobilità personale e bici usate, per i quali è comunque necessario ottenere una fattura fiscale. |
E’ possibile acquistare on line? |
Sì. In particolare:
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Programma buono mobilità 2020 e 2021 |
Il Programma buono mobilità (art. 2 comma 2 del DL Clima così come modificato dal DL Rilancio) prevede:
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Quadro Normativo |
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