CUD, falsa attestazione di pagamento del TFR: è reato

Pubblicato il 06 settembre 2023

Risponde del reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico il datore di lavoro che attesti falsamente, nel CUD, di aver corrisposto il TFR al dipendente.

E' stato accolto con rinvio, dalla Corte di cassazione, il ricorso promosso dal Pm contro la decisione di assoluzione di un datore di lavoro dal reato contestatogli ai sensi dell'articolo 483 cod. pen.

Allo stesso era stato addebitato di aver attestato falsamente, nella certificazione unica, l'avvenuta corresponsione di quanto dovuto a titolo di trattamento di fine rapporto ad un dipendente.

Il Tribunale aveva assolto l'imputato ritenendo che la certificazione unica non fosse qualificabile in termini di atto pubblico.

Deduzione, questa, ritenuta corretta dagli Ermellini, ma non sufficiente per escludere l'astratta configurabilità del reato di cui all'imputazione.

Certificazione Unica, è atto pubblico?

In linea generale - ha spiegato la Corte nel testo della sentenza n. 36773 del 5 settembre 2023 - la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico presuppone un collegamento tra il privato, autore della falsificazione, e il pubblico ufficiale, che, pur estraneo al reato, deve raccogliere le attestazioni del primo.

La condotta considerata riguarda i soli fatti attestati dal privato che abbiano una rilevanza probatoria inerente alla natura e all'essenza funzionale dell'atto per i quali il privato abbia l'obbligo giuridico di dire la verità.

Per quanto riguarda la certificazione unica essa, in sé, non è atto pubblico: la relativa disciplina non conferisce alcun profilo pubblicistico all'attività del sostituto di imposta, che opera la ritenuta e rilascia il CUD.

E difatti, la relativa controversia, in ordine alla legittimità di una ritenuta fiscale di acconto, anche se è devoluta alle commissioni tributarie (dovendo essere decisa con efficacia di giudicato e nel contraddittorio con l'amministrazione finanziaria) rimane comunque una controversia tra privati.

Cionondimeno, la nozione di atto pubblico rilevante anche ai fini dell'art. 483 cod. pen., racchiude un'ampia estensione tipologica di scritti.

Vi sono ricompresi, così, anche gli atti formati dal pubblico ufficiale o dal pubblico impiegato nell'esercizio delle loro funzioni che, seppur redatti per uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, abbiano comunque attitudine ad assumere rilevanza giuridica e un valore probatorio interno alla pubblica amministrazione.

Ebbene, la falsa attestazione contenuta nella certificazione unica incide direttamente sul conseguente atto dell'amministrazione finanziaria (connesso alla determinazione delle imposte).

Quest'ultimo, pur formato per uno scopo diverso da quello di conferire pubblica fede alle attestazioni del privato, assume comunque rilevanza giuridica nel rapporto pubblicistico che lega l'amministrazione finanziaria e il contribuente, acquisendo, attraverso l'attestazione medesima, un valore probatorio interno alla PA.

La certificazione unica, infatti, è documento fiscale che attesta i redditi percepiti nell'anno precedente; esso, una volta rilasciato dall'INPS o dal datore di lavoro o dal committente entro il 16 marzo di ogni anno, viene successivamente trasfuso nella relativa dichiarazione dei redditi.

Il CUD, ciò posto, incide sulla conseguente tassazione applicata al contribuente e, quindi, sul contenuto di un atto che, anche se redatto a uno scopo diverso da quello di conferire ad essi pubblica fede, ha comunque attitudine ad assumere rilevanza giuridica e un valore probatorio interno alla pubblica amministrazione.

Per tali ragioni, la sentenza impugnata risultava meritevole di annullamento, con rinvio al Tribunale, in diversa composizione, per nuovo giudizio.

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