I costi per le trasferte sostenute dal collaboratore esterno con contratto di ICT non rilevano ai fini del credito d’imposta per ricerca e sviluppo se non è dimostrato il collegamento con l’attività di ricerca.
Lo specifica l’agenzia delle Entrate nella risposta n. 520 fornita il 12 dicembre 2019 ad una società che chiedeva se nella quantificazione dell'agevolazione per R&S vi potesse rientrare, tra i costi relativi alle prestazioni per attività di ricerca e sviluppo eseguite da un ingegnere collaboratore esterno, anche quello sostenuto per il costo di trasferta. L’istante precisa che il professionista svolge l’incarico in totale libertà, senza alcun vincolo di subordinazione o di luogo e senza assoggettamenti gerarchici, disciplinari e di orari di lavoro.
Sul punto, viene ricordato che la circolare n. 5/E/2016 ha chiarito che i costi sostenuti per l'attività di ricerca svolta da professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione possono rientrare tra i costi ammissibili - c.d. ricerca "extra-muros" – in base alle condizioni fissate dalla norma agevolativa.
In particolare, tali spese sono ammesse se direttamente connesse alle finalità del bonus fiscale e se contenenti l’impegno a svolgere, direttamente o indirettamente, attività di ricerca e sviluppo e per le quali, in ogni caso, a beneficiare degli eventuali risultati deve essere l’impresa committente.
Nel caso prospettato, non emerge che i viaggi di lavoro siano collegati allo svolgimento dell'attività di ricerca e sviluppo oggetto del contratto. Infatti, il contratto stipulato con l’ingegnere distingue il compenso per l’esecuzione dell’incarico di ricerca e sviluppo svolto e il rimborso delle spese eventuali per viaggi e alloggi.
Ciò detto, non viene escluso che possano essere ammessi al credito d’imposta i costi relativi ai viaggi di lavoro dei collaboratori esterni, purchè si dimostri la connessione delle trasferte all’attività di ricerca e sviluppo.
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