Credito d'imposta non spettante e inesistente: sanzioni

Pubblicato il 12 maggio 2023

Credito d'imposta non spettante e credito d’imposta inesistente: su tale discrimine è stato svolto dall'Associazione dottori commercialisti ed esperti contabili (Aidc) un lavoro che ha portato alla stesura della norma di comportamento n. 219 pubblicata il 12 maggio 2023.

Identificare quando ci si trova in una situazione o nell’altra è rilevante per l’applicazione della sanzione – in un caso più pesante – e per l’emissione temporale dell’atto di recupero.

Credito inesistente: definizione

Si classifica credito inesistente – come si legge nel terzo periodo del comma 5, articolo 13, D.lgs. n. 471/1997 – quello che non ha fondamento su documentazione o si basa su documentazione falsa o non veritiera.

Inoltre, l’inesistenza non è ravvisabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973 e all'articolo 54-bis del DPR n. 633/1972.

Perciò, l’agenzia delle Entrate può contestare l’inesistenza di un credito d’imposta:

Credito non spettante: definizione

Il credito non spettante viene qualificato come il credito basato su una documentazione attendibile e veritiera, ma con un errore nella quantificazione o qualificazione della fattispecie.

Conseguenze dell’emersione dei due crediti

La diversità delle due fattispecie di crediti rilevati si sostanzia nell’applicazione delle sanzioni.

In caso di utilizzo di un credito d'imposta in misura superiore a quella spettante è applicabile la sanzione del 30% del credito, salva la presenza di disposizioni speciali.

Invece, l’utilizzo di un credito inesistente è soggetto alla sanzione che va dal 100% al 200% del credito.

In aggiunta, l’inesistenza del credito comporta un periodo più lungo a disposizione del Fisco per l’azione accertatrice che diventa di 8 anni, dal momento in cui il credito è utilizzato. Nell’altro caso – credito non spettante - il termine di decadenza è quello ordinario.

E’ dunque fondamentale analizzare in quale fattispecie si verte.

La norma di comportamento n. 219 fornita dall’'Associazione dottori commercialisti ed esperti contabili (Aidc) ritiene che, al fine di differenziare con un margine di sicurezza i due crediti, è importante il riferimento contenuto nell’articolo 5, D.L. n. 146 del 2021.

Tale norma, anche se inerente alla specifica sanatoria in tema di credito di imposta per ricerca e sviluppo, si rivela utile come bussola nella problematica rappresentata.

Essa prevede due ipotesi e solo una consente l’accesso alla sanatoria: ossia quando sono state sostenute effettivamente le spese correlate alle attività di ricerca e sviluppo ma sono state erroneamente ricomprese tra quelle che danno diritto al credito di imposta.

Non è, invece, ammesso avvalersi della sanatoria quando l’utilizzo del credito è il risultato di assetti derivanti da false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti non veritieri o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea alla dimostrazione delle spese ammissibili al credito di imposta.

Massima Aidc

Il credito d’imposta si definisce non spettante laddove il contribuente, pur nell’intento di rispettare il presupposto normativo, commette degli errori di qualificazione o quantificazione dello stesso. Viceversa, il credito d’imposta è da definirsi inesistente nei casi in cui la determinazione del credito sia avvenuta in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera.

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