Il credito del professionista che abbia assistito il debitore nella preparazione della documentazione per la proposizione dell’istanza di fallimento in proprio – sebbene sia attività che può essere svolta personalmente dal debitore, ma che lo stesso ha scelto, per ragioni di opportunità e di convenienza, di affidare ad un esperto del settore – costituisce un credito sorto in funzione della procedura fallimentare, e come tale, è prededucibile ai sensi dell’art. 111 secondo comma, legge fallimentare.
Allo stesso modo, il credito del professionista che abbia svolto attività di consulenza ed assistenza ed eventualmente redazione della proposta di concordato preventivo, rientra de plano tra i redditi sorti in funzione della procedura concorsuale e, come tale, va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento ai sensi dell’art. 111 secondo comma, legge fallimentare, fondandosi detta interpretazione, tra l’altro, sull'esclusione dell’azione revocatoria del pagamento del compenso professionale ex art. 67, terzo comma, lettera g) legge fallimentare.
E’ quanto dedotto dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, con sentenza n. 8091 del 21 aprile 2016, accogliendo il ricorso di un professionista che aveva proposto istanza di ammissione al passivo nel fallimento della s.p.a. debitrice, per un credito da collocarsi – a suo dire – in prededuzione, relativo al compenso per la sua attività professionale a favore della società fallita, consistita nella redazione della relazione di veridicità e fattibilità in occasione di due domande di concordato preventivo.
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