Crediti Iva inesistenti, compensazione non punibile se si è già pagato per infedele dichiarazione e illegittima detrazione

Pubblicato il 09 maggio 2018

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 36 dell’8 maggio 2018, fornisce chiarimenti in merito al trattamento sanzionatorio da adottare a seguito dell’utilizzo in compensazione di crediti Iva inesistenti, già recuperati in ambito accertativo e sanzionati per illegittima detrazione e infedele dichiarazione, ai sensi degli articoli 6, comma 6, e 5, comma 4, del Dlgs 471/1997.

In particolare, il quesito è stato posto all’Amministrazione finanziaria da un Ufficio accertamento che chiedeva se, nell'ipotesi prospettata, dovesse essere irrogata anche l'ulteriore sanzione di cui all'articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997, che nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute prevede l’applicazione della sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi.

Si ricorda che è stato il Dlgs n. 158/2015, di riforma del sistema sanzionatorio amministrativo, ad introdurre all’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, una definizione normativa di credito inesistente - da cui, poi, far derivare la definizione di credito non spettante - e uno specifico regime sanzionatorio nell’ambito della disposizione dedicata agli omessi versamenti, mentre, contestualmente, è stato abrogato l’articolo 27, comma 18, del Dl n. 185 del 2008.

Pertanto, ora, si definisce inesistente “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’art. 54-bis del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.”.

Agenzia Entrate: no alla doppia sanzione

Dopo aver delineato l’evoluzione normativa che ha accompagnato la fattispecie sanzionatoria del credito inesistente, la risoluzione n. 36/E ha precisato che la volontà del legislatore è sempre stata quella di dettare, prima nel Dl 185/2008 e ora nel Dlgs 471/1997, una disciplina speciale per sanzionare e recuperare il credito che, artatamente creato, è stato utilizzato in compensazione nei modelli F24.

Inoltre, secondo l’Agenzia, visto che l'inesistenza del credito non è riscontrabile partendo dal controllo delle dichiarazioni fiscali, le modalità di recupero dello stesso non possono che essere quelle previste dall’articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e cioè la notifica di apposito atto di recupero. Viceversa, laddove il credito inesistente da eccedenze d’imposta sia stato esposto in dichiarazione e successivamente utilizzato, si deve procedere unicamente con l’emissione degli atti tipici di accertamento in rettifica della dichiarazione, da notificarsi entro gli ordinari termini di decadenza, con applicazione della sanzione per infedele dichiarazione.

Pertanto, conclude la risoluzione in oggetto, non può essere sanzionato, in aggiunta a quanto recuperato in ambito accertativo e sanzionato quale infedele dichiarazione ed illegittima detrazione, anche il successivo utilizzo in compensazione del credito inesistente; e ciò, soprattutto, per evitare che la stessa violazione sia punita, da un lato, con recupero del minor credito spettante, e, dall'altro, con recupero del credito inesistente utilizzato in compensazione.

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