La Corte europea dei diritti dell’uomo ha rigettato la richiesta di rinvio davanti alla Grande Camera inoltrata dall’Italia dopo la sentenza emessa in tema di ergastolo ostativo il 13 giugno scorso.
In quest’ultima decisione, divenuta così definitiva, la Corte di Strasburgo aveva ritenuto che la disciplina italiana sull’ergastolo ostativo restringesse eccessivamente le prospettive del recluso di poter ottenere permessi o benefici e la possibilità di veder riesaminare la propria pena.
Nella specie, era stato concluso che la pena della reclusione inflitta al ricorrente, un detenuto italiano in ragione di attività criminali di tipo mafioso, avesse violato la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per quanto riguarda il divieto di trattamenti disumani e degradanti (di cui all’articolo 3 della Cedu).
A detta della Corte Edu, infatti, l’ergastolo ostativo inflitto al carcerato in applicazione della legge sull’amministrazione penitenziaria nazionale aveva ristretto eccessivamente le sue prospettive di ottenere permessi, benefici e il riesame della pena.
Lo stesso, non avendo mai voluto collaborare con gli inquirenti, si era visto rifiutare tutte le richieste presentate per ottenere dei permessi premio e, in particolare, la liberazione condizionale.
Tuttavia, per i giudici di Strasburgo il fatto che la reclusione a vita possa, in pratica, essere scontata nella sua interezza, non rende l’ergastolo incomprimibile: non si possono, ossia, precludere benefici a chi non collabora.
La possibilità di riconsiderare l'ergastolo – aveva concluso la Corte nella sentenza confermata ieri - implica che la persona condannata possa comunque richiedere l’applicazione di qualche beneficio.
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