La Corte di Cassazione, nel caso di specie, si è trovata a decidere in ordine ad una complessa operazione di cessione di partecipazioni societarie, escludendo la natura elusiva dell’accordo sottostante.
Nel merito della vicenda, la s.p.a. socia di maggioranza di altra società, d’intesa con i soci di minoranza, aveva individuato un fondo private equity attraverso cui realizzare l’acquisto dell’intero capitale sociale della partecipata, che versava in una situazione di difficoltà finanziaria, ad un prezzo identico per ogni azione acquistata, a prescindere se dai soci di maggioranza o di minoranza. Per tale ragione, con parallelo accordo interno di aggiustamento del prezzo, i soci, oltre a rinunciare reciprocamente all'esercizio di prelazione previsto dallo statuto, prevedevano la corresponsione, da parte di quelli di minoranza, di una somma di denaro in favore dei soci di maggioranza, corrispondente al c.d. “premio di maggioranza”. Premio quest’ultimo che, sebbene diffuso nelle acquisizioni societarie, il fondo di private equity non avrebbe potuto, per propria policy, corrispondere direttamente ai soci di maggioranza.
Detta operazione veniva appunto ritenuta elusiva da parte dell’Amministrazione finanziaria, in quanto avrebbe mascherato il versamento di un corrispettivo non fatturato, a favore dei soci di maggioranza, per la rinuncia ad esercitare il proprio diritto di prelazione sulle azioni oggetto di cessione.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, nel valutare eventuali profili di elusione, si è attenuta particolarmente al nuovo art. 10 bis Legge 212/2000, che prevede, tra l’altro, come non siano da considerarsi abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo e gestionale, che rispondano a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.
Ora nel caso di specie – conclude la Corte con sentenza n. 16675 del 9 agosto 2016 – il contribuente ha congruamente indicato le valide ragioni economiche dell’accordo contestato, ossia, sostanzialmente riallineare i prezzi di cessione delle diverse partecipazioni, retrocedendo legittimamente, congruamente e coerentemente al socio di maggioranza il premio di maggioranza, che altrimenti sarebbe stato indebitamente percepito dai soci di minoranza.
Il corrispettivo infatti non è stato versato a fronte della rinuncia del diritto di prelazione, bensì a fronte della rifusione del premio di maggioranza. Ed anche qualora l’acquirente avesse corrisposto tale premio direttamente all'azionista di maggioranza, tale somma sarebbe comunque stata fiscalmente irrilevante in quanto esente.
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