Coronavirus. Il bando va avanti anche con DURC irregolare

Pubblicato il 24 maggio 2021

La successione della normativa emergenziale Covid-19 ha determinato un’obiettiva incertezza interpretativa in ordine alla vigenza e proroga dei certificati DURC, incertezza che potrebbe rendere scusabile l’errore della stazione appaltante che non abbia provveduto all’esclusione dell’aggiudicataria, a fronte del riscontro di un’irregolarità contributiva.

Appalti, interruzione regolarità contributiva

Come affermato pacificamente dalla giurisprudenza, l’interruzione della regolarità nei contributi, di per sé, dovrebbe portare ad esclusione dell’impresa dalla partecipazione al bando.

E in caso di partecipazione alla gara di un’impresa con il DURC irregolare, anche l'eventuale regolarizzazione postuma è irrilevante, dovendo il partecipante “essere in regola sin dal momento di presentazione dell’offerta e per tutta la durata della procedura di aggiudicazione”, pena l’esclusione dalla gara medesima.

Incertezza interpretativa? Gara salva anche con irregolarità contributiva

Ciò posto, nell’ambito della situazione emergenziale Coronavirus, la successione della normativa ha indubbiamente determinato, in capo a tutti gli operatori, un’incertezza interpretativa in ordine alla vigenza e proroga dei documenti unici di regolarità contributiva (DURC), dimostrata anche dal fatto che è stato necessario richiedere, in merito, l’emanazione di numerose circolari ed interpretazioni, anche da parte di INPS e INAIL.

Nella fattispecie illustrata, pertanto, non potrebbe ravvisarsi un’ipotesi di colpa dell’Amministrazione.

E’ quanto riconosciuto dal Tar dell’Umbria, nel testo della sentenza n. 317 del 10 maggio 2021, pronunciata in riferimento ad una procedura di aggiudicazione di un servizio di progettazione, organizzazione e gestione di un evento disposta dalla Regione Umbria nel contesto dell’emergenza Coronavirus.

Dagli atti di causa, era emerso che l’impresa aggiudicataria, nel corso della procedura, aveva erroneamente ritenuto differito il versamento dei contributi dovuti; tuttavia, dopo aver rilevato la sussistenza di una irregolarità della propria situazione contributiva a seguito di comunicazione dell’INPS, aveva prontamente provveduto a regolarizzarla, ottenendo DURC regolare.

In questo frangente, vi era stata una rapida successione normativa connessa all’emergenza pandemica in punto di sospensione ex lege dei termini di versamento dei contributi e di fissazione dei nuovi termini di pagamento e delle connesse modalità di adempimento, tanto che si era ingenerata una oggettiva difficoltà di orientamento in capo agli operatori economici e, nella specie, in capo all'impresa aggiudicataria.

Il Tribunale amministrativo, ciò posto, ha respinto, dichiarandolo in parte inammissibile e in parte infondato, il ricorso promosso da un’impresa controinteressata, arrivata seconda alla procedura di gara.

La ricorrente lamentava l’erronea applicazione, da parte della Stazione appaltante, della disciplina relativa al documento unico di regolarità contributiva (DURC) e la conseguente mancata esclusione dell’aggiudicataria, a fronte di una irregolarità contributiva - successivamente sanata - desumibile dalla temporanea indisponibilità dei documenti nel corso della procedura.

A fronte di tali doglianze, il Tar Umbria ha in primo luogo rilevato che l’interesse di parte ricorrente residuava unicamente per quanto atteneva alla domanda di risarcimento del danno per equivalente, posto che, nel frattempo, la Regione Umbria, a seguito dell’aggravarsi della situazione di emergenza sanitaria, aveva provveduto a revocare l’aggiudicazione medesima.

Risarcimento del danno escluso: errore scusabile, assenza di prova

Pure rispetto alla domanda risarcitoria, tuttavia, i giudici regionali hanno ritenuto di dover rigettare le istanze della ricorrente in quanto, da un lato, l’obiettiva incertezza generata dal susseguirsi delle disposizioni normative rendeva scusabile l’errore in cui erano incorse sia l’aggiudicataria che la Stazione appaltante, non potendosi, pertanto, ravvisare una colpa in capo all’Amministrazione.

Dall’altro, parte ricorrente non aveva nemmeno fornito adeguata prova del danno subito, non essendovi, in atti, alcuna allegazione né quantificazione per quanto riguardava il lamentato danno patrimoniale, né sotto il profilo dei costi sostenuti, né per quanto concerneva la perdita dell’utile.

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