La Prima sezione civile della Cassazione ha affidato alle Sezioni Unite la valutazione di una questione di massima di particolare importanza.
Si tratta di una questione rispetto alla quale la giurisprudenza di legittimità ha finora concluso con interpretazioni contrastanti.
La disposizione che ha determinato il contrasto ermeneutico è quella sancita dal comma 1 bis dell’articolo 29 della Legge n. 52/1985.
Ai sensi di questa previsione, si rammenta, gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale.
Tale dichiarazione – si legge nella norma - può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.
In ogni caso, il comma 1-bis conclude: “Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
La difformità interpretativa – precisa la Cassazione nell'ordinanza interlocutoria n. 3089 del 10 febbraio 2020 - riguarda la funzione del controllo notarile in relazione alla validità dell’atto di trasferimento immobiliare ivi considerato.
Da un lato, la soluzione fondata sull’inderogabilità della verifica di conformità ipocatastale dell’atto compiuta dal notaio.
Dall’altro, l’opposta opzione interpretativa che afferma la legittimità dell’accordo traslativo, attuato anche attraverso un ausiliare del giudice, secondo le indicazioni contenute in albo istituito ad hoc dal Tribunale, previo accordo con il Coa avvocati.
La controversia nel cui contesto è stata sollevata la questione di massima è quella attivata da due ex coniugi, oppostisi ad una statuizione con cui, in appello, era stato affermato che la sentenza di divorzio non potesse contenere una clausola di attuazione di un trasferimento immobiliare, ma solo l’impegno preliminare di vendita o di acquisto.
La Corte d’appello, in particolare, aveva ritenuto che il compito dell’individuazione e della verifica catastale nella fase di stesura degli atti notarili fosse espressamente demandato al notaio, senza che tale attività potesse essere sostituita da quella di altri operatori, giudice incluso.
Si resta in attesa del pronunciamento delle Sezioni Unite.
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