E’ stata confermata dalla Corte di cassazione la decisione con cui i giudici, sia di primo che di secondo grado, avevano respinto le istanze di un uomo volte ad ottenere il risarcimento del danno da parte della moglie, per avere, quest’ultima, illecitamente chiesto ed ottenuto notizie relative al suo estratto conto bancario, notizie poi utilizzate nella causa di separazione personale.
Il ricorrente lamentava la violazione della normativa in tema di tutela della privacy e della riservatezza.
La Suprema corte – ordinanza n. 20649 del 31 agosto 2017 - ha ritenuto l’impugnazione inammissibile e convalidato le conclusioni con cui la Corte d’appello aveva sottolineato come la donna, con la sua condotta, non aveva in realtà violato alcuna norma di legge né posto in essere alcun comportamento fraudolento.
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