Controllo a distanza dei lavoratori, bilanciamento tra innovazioni tecnologiche e tutela della privacy

Pubblicato il 10 agosto 2017

Dai cartellini identificativi, alla mail aziendale, fino ai sistemi di videosorveglianza e di geolocalizzazione: qualunque attività aziendale comporta l’eventualità che il dipendente possa lasciare traccia dei propri dati sensibili e richiede, dunque, precisi accorgimenti e cautele.

A tale proposito, la riforma dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori (legge del 20 maggio 1970, n. 300, G.U. n. 131 del 27 maggio 1970) per mezzo del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 151 (G.U. n. 221 del 23 settembre 2015), ha posto nuove problematiche, le quali, a seguito degli interventi esplicativi ad opera del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Garante per la protezione dei dati personali, sono state recentemente affrontate anche dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la circolare del 26 luglio 2017, n. 4.

La riforma del controllo a distanza dei lavoratori

Il decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 151, recante Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, ha modificato interamente l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori in materia di controlli a distanza dei lavoratori, introducendo una nuova disciplina relativa alla installazione degli impianti audiovisivi e all’utilizzo degli strumenti potenzialmente in grado di controllare l’attività dei dipendenti.

La novità principale di tale intervento riformatore è che il secondo comma dell’articolo 4 dello Statuto esclude la necessità di una procedura autorizzatoria per la fornitura degli strumenti utili per la prestazione lavorativa (ad es. telefono, computer, tablet) e per l’installazione di dispositivi necessari per registrare l’accesso o le presenze del lavoratore (ad es. badge), attraverso i quali, i controlli possono essere legittimamente effettuati.

Regole del controllo a distanza

Nel dettaglio, secondo il nuovo articolo 4 dello Statuto dei lavoratori gli impianti audiovisivi e gli strumenti di controllo a distanza sono ammessi solo in presenza di:

NB! L’installazione di tali strumenti, giustificata dalle predette esigenze, è possibile solo:

  • previo accordo con le RSU;

  • in mancanza di RSU, con le RSA.

Per le realtà produttive dislocate su più territori è possibile stipulare:

  • accordi ad hoc con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

In mancanza, gli impianti o gli strumenti di controllo possono essere installati:

  • previa autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro (DTL);

  • in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più direzioni territoriali del lavoro, mediante autorizzazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

 

Disciplina precedente

Disciplina attuale

Il precedente testo dell’articolo 4 prevedeva che il consenso all’installazione degli impianti o degli strumenti di controllo potesse essere dato solo dalle rappresentanze del luogo di lavoro interessato da tale installazione o dalla DTL territorialmente competente.

 

A seguito della riforma, con particolare riferimento alle imprese dislocate in più unità produttive, sussiste la possibilità di un percorso sindacale ed amministrativo diverso dal prcedentemente previsto, considerato eccessivamente rigido dal sistema imprenditoriale.

 

Ulteriori precisazioni del Ministero e del Garante

La questione “controlli e privacy del lavoratore” risulta spesso spinosa e controversa per le aziende, al punto che nel corso del tempo molteplici note o provvedimenti sono stati adottati da differenti enti competenti in materia.

In primo luogo, vanno tenute in considerazione le spiegazioni elaborate dal Ministero del Lavoro, con la nota del 18 giugno 2015: in tale occasione è stato sottolineato che, qualora il datore di lavoro apporti agli strumenti necessari per la prestazione lavorativa modifiche quali l’aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio, occorre prestare attenzione, in quanto da strumento necessario al lavoratore per svolgere la prestazione, pc, tablet o cellulare diventano strumenti utili al datore per controllare la prestazione e che richiedono, dunque, la procedura autorizzativa di cui all’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori.

Ancora sul punto, è importante evidenziare che in ogni caso l’utilizzo degli strumenti, cosi come il trattamento dei relativi dati, deve essere conforme ai principi di liceità, necessità, proporzionalità, e deve avvenire previa adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196 (G.U. n.174 del 29 luglio 2003) oltre che di quelle fornite via via del Garante per la protezione dei dati personali, come le Linee Guida per l’utilizzo di posta elettronica ed internet nei luoghi di lavoro del 5 marzo 2007, pena l’inutilizzabilità, anche a fini disciplinari, dei dati raccolti.

Per completezza si segnala che il Garante per la protezione dei dati personali ha recentemente emanato il provvedimento del 24 maggio 2017, n. 247, avente ad oggetto il “Trattamento dei dati personali derivanti dalla rilevazione di coordinate satellitari relative alla geolocalizzazione di apparati elettronici di tipo radio mobili e veicolari”.

In particolare, il Garante ha specificato a chiare lettere che la localizzazione dei veicoli aziendali non può tradursi in un monitoraggio costante dei lavoratori, poichè i dati delle coordinate geografiche non possono considerarsi anonimi, in quanto, sebbene il sistema di geolocalizzazione non li associ direttamente ai singoli operatori, l'incrocio con i dati del "sistema turni", preordinati da uno specifico software, consente di risalire all'identità del dipendente cui sia stato assegnato uno specifico dispositivo.

NB! Al fine di evitare un controllo costante, l'Autorità ha proposto una rilevazione cosiddetta "ad eventi" della localizzazione dei veicoli aziendali, da effettuarsi solo in caso di anomalie.

Ultime novità: la circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro del 26 luglio 2017, n. 4

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la circolare del 26 luglio 2017, n. 4, ha dettato alle proprie articolazioni territoriali una serie di indicazioni di natura operativa finalizzate alla valutazione dei presupposti per l’eventuale rilascio di autorizzazioni in favore di imprese che esercitano attività di call center.

Al di là dello specifico settore, la nota dell’Ispettorato Nazionale è importante in quanto ribadisce a chiare lettere che l’accordo sindacale o, in mancanza, il provvedimento autorizzatorio dell’Ispettorato territoriale, possono essere ottenuti dall’azienda per cause riguardanti:

Call center

Nel merito, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ricorda che nei call-center vengono utilizzati diversi strumenti, anche di natura informatica, dal cui uso potrebbe riscontrarsi una sorta di controllo a distanza dei lavoratori.

In primo luogo, viene preso in considerazione il sistema “CRM” (Customer Relationship Management) al fine di verificare se lo stesso possa essere considerato uno strumento per “rendere la prestazione lavorativa” o uno strumento di controllo a distanza dei lavoratori.

La conclusione dell’analisi effettuata dalla circolare esaminata è che con il CRM ci si trova di fronte ad un sistema di gestione dell’anagrafica del cliente con tutti i dati concernenti i rapporti contrattuali con il gestore, che consente di avere a disposizione, in tempo reale, tutte le notizie necessarie ed utili per velocizzare ed evadere le richieste.

Ancora, la sistematizzazione dei dati, che segue la raccolta e l’analisi degli stessi, è una tipica attività di gestione che da un lato, consente la tracciabilità dei contatti e, dall’altro, supera qualunque ostacolo correlato ad una ricerca manuale.

Alla luce di tale premessa, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro formula tre considerazioni:

a) il dispositivo deve consentire soltanto la congiunzione tra la chiamata e l’anagrafica del cliente;

b) lo strumento può ben essere definito come adatto a “rendere la prestazione lavorativa” e, quindi, rientrando nella ipotesi prevista dal comma 2 dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, non è oggetto di alcun accordo sindacale o di provvedimento autorizzatorio da parte dell’Ispettorato territoriale del Lavoro: infatti, la norma appena citata afferma chiaramente che il datore di lavoro può procedere in autonomia come, ad esempio, per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze;

c) le informazioni sono utilizzabili per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia stata data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli nel rispetto delle indicazioni fornite dal decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196 e dal Garante della privacy.

Software che monitorano l’attività e la produttività

La circolare del 26 luglio 2017, n. 4, analizza anche la compatibilità tra l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori e i software che monitorano l’attività e la produttività di ogni singolo operatore, come quelli che quantificano i tempi di lavoro per ogni servizio reso al cliente, le pause, il tempo di lavoro, i tempi di evasione delle richieste ed i momenti correlati allo “status” dell’attività telefonica.

Relativamente a questi ultimi, l’Ispettorato, pur riconoscendo l’utilità per le esigenze produttive aziendali, per il fatto stesso che offrano la possibilità di un controllo minuzioso e continuo dell’attività degli operatori, ne afferma il contrasto con le indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali, in quanto realizzano un controllo continuo effettuato in modo tale che i lavoratori hanno la percezione di essere sempre “seguiti”.

Indicazioni operative dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro

Alla luce di quanto sopra, l’indicazione operativa dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ai propri uffici periferici è la seguente: l’eventuale motivazione addotta dalle aziende circa l’assoluta indispensabilità di tali strumenti va esaminata nel concreto, nel senso che non può essere rovesciato lo spirito dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che è quello di assicurare dignità al lavoratore nell’esercizio della sua attività, dignità che si concretizza anche attraverso il divieto di forme di controllo invasive e penetranti.

La circolare conclude affermando che non è giustificata alcuna autorizzazione; di conseguenza, l’eventuale identificazione di tali strumenti operativi durante un accesso ispettivo, oltre a condurre a specifiche sanzioni, va prontamente segnalata all’Ufficio del Garante della protezione dei dati personali.

NB! In definitiva, la disciplina in materia di controllo a distanza dei lavoratori richiede un bilanciamento tra le innovazioni tecnologiche, ormai essenziali per lo svolgimento delle attività lavorative, e la tutela della privacy del collaboratore, al fine di impedire che vi siano forme ingiustificate e invasive di controllo, non solo alla luce della normativa italiana ma anche per il rispetto della legislazione europea sul trattamento dei dati personali.

 

 

QUADRO NORMATIVO

Legge del 20 maggio 1970, n. 300

Decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196

Decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 151

Linee Guida del Garante della Privacy per l’utilizzo di posta elettronica ed internet nei luoghi di lavoro del 5 marzo 2007

Nota del Ministero del Lavoro del 18 giugno 2015

Provvedimento del Garante della protezione dei dati personali del 24 maggio 2017, n. 247

Circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro del 26 luglio 2017, n. 4

 

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