Controlli fiscali e difesa del contribuente

Pubblicato il 23 novembre 2017

Generalmente a fine anno vi è un incremento delle notifiche degli accertamenti da parte degli uffici delle Entrate, incremento dovuto in particolare alla imminente decadenza del termine di accertamento (31/12).

Nel 2017 vi sono state numerose novità relative ai provvedimenti impositivi e alla loro impugnazione: ad esempio, è comparsa la firma digitale, anche se esistono ancora dubbi sul suo effettivo utilizzo in ambito tributario e, in particolare, dopo una prima iniziale massiccia e diffusa applicazione da parte degli uffici, si è registrato un passo indietro e molti accertamenti sono tornati cartacei e con firma autografa. Ricordiamo che da luglio 2017 è anche possibile la notifica via Pec (posta elettronica certificata), ma tale modalità ancora non ha trovato una significativa applicazione. Da ricordare anche il processo tributario telematico con notevoli adesioni, sebbene sia ancora possibile optare per il tradizionale deposito cartaceo.

 

Tipologie di controlli

Con la corsa agli accertamenti fiscali in scadenza a fine anno, i contribuenti sono spesso sollecitati dagli uffici a seguito dei controlli automatizzati e formali delle dichiarazioni presentate.

 

Tra le tipologie di controlli abbiamo:

 

 

Gli strumenti deflativi

Gli strumenti più importanti per evitare la lite (strumenti deflativi) o la prosecuzione di un contenzioso, sono l’accertamento con adesione, il reclamo mediazione e la conciliazione. A questi strumenti, occorre aggiungere la disciplina dell’autotutela.

 

In particolare:

 

Negli ultimi anni sono anche diventate più frequenti le lettere di compliance con invito al ravvedimento. Nei mesi scorsi, sono state inviate quelle relative ai redditi del 2013 dichiarati nel 2014, con la comunicazione che vi è tempo fino al 2 gennaio 2018 per fornire chiarimenti o per ravvedersi.

 

L’obiettivo delle lettere di compliance è quello di instaurare un dialogo e favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari nell’ambito di un percorso di cambiamento dei rapporti tra Fisco e contribuenti avviato dalla Legge 190/2014 (Stabilità per il 2015).

 

Il ravvedimento può essere utilizzato per regolarizzare le violazioni commesse in materia di tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, fino alla scadenza dei termini di accertamento, ciò a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata o che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i contribuenti interessati abbiano avuto formale conoscenza.

 

Il ravvedimento è precluso nei casi in cui al contribuente sia stato notificato formalmente, con riferimento alla violazione non ravvedibile, un atto di liquidazione o di accertamento, ovvero che lo stesso abbia ricevuto una comunicazione di irregolarità (avviso bonario), che riporti le somme dovute a seguito di controllo automatizzato o formale delle dichiarazioni presentate.

Quest’anno le lettere di compliance sono aumentate anche a seguito delle comunicazioni delle liquidazioni trimestrali Iva, adempimento introdotto dal 2017, che consente all’Agenzia delle Entrate di controllare se quanto dichiarato a titolo di versamento Iva dovuto, per ciascun mese se contribuente mensile o trimestre se contribuente trimestrale, è stato regolarmente pagato.

Ai contribuenti che non hanno eseguito il pagamento o lo hanno eseguito in misura inferiore, l’Agenzia delle Entrate, nel mese di luglio, ha inviato una comunicazione invitando gli stessi a ravvedersi e beneficiare della riduzione delle sanzioni.

A distanza di circa due mesi dalla prima comunicazione, in mancanza di ravvedimento, la stessa Agenzia invia ai contribuenti inadempienti una seconda lettera, nella quale si fa presente che il contribuente non può più beneficiare del ravvedimento spontaneo.

 

Avvisi sui redditi prodotti nel 2012

Entro la fine di quest’anno ai fini delle imposte dirette (ex articolo 43 del DPR 600/73) e ai fini Iva (ex articolo 57 del DPR 633/72), dovranno essere notificati gli avvisi di accertamento per rettificare le dichiarazioni presentate per l’anno d’imposta 2012 o in caso di dichiarazione omessa, per contestare l’anno d’imposta 2011.

 

L’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) prevede che dopo il rilascio della copia del PVC (processo verbale di constatazione) da parte degli organi di controllo, il contribuente possa comunicare, entro 60 giorni, osservazioni e richieste valutate dagli uffici impositori. L’atto, inoltre, non può essere emanato prima della scadenza del termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

 

NB! - Il processo verbale di constatazione (PVC) viene consegnato dall’Agenzia delle Entrate o dalla Guardia di finanza al contribuente al termine della verifica fiscale. Nel PVC sono indicate le eventuali violazioni rilevate e i relativi addebiti. Una volta ricevuto il PVC è possibile presentare osservazioni e richieste che dovranno poi essere prese in considerazione per la valutazione dei rilievi contenuti nello stesso processo verbale.

 

La giurisprudenza di legittimità ha affermato che l’inosservanza del termine di 60 giorni da parte dell’ufficio impositore per l’emanazione dell’avviso di accertamento, determina di per sé, salvo che non ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo (Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 18184/2013).

 

La consegna di un PVC successivamente al 1° novembre, quindi, può comportare per l’amministrazione finanziaria, in assenza di specifiche e particolare ragioni d’urgenza, l’impossibilità di emettere un valido avviso di accertamento, anche in presenza di fondati rilievi evidenziati dai verificatori per l’anno d’imposta 2012 (o 2011 in caso di omessa dichiarazione).

 

NB! - Si tratta comunque di una illegittimità che il contribuente dovrà far valere in sede di contenzioso tributario.

 

Controlli a “tavolino”

L’articolo 12, comma 7, della Legge 212/2000 non opera in caso di controlli condotti presso gli uffici delle Entrate, aventi ad oggetto i dati trasmessi dallo stesso contribuente o acquisiti dall’ufficio.

La gran parte di questi accertamenti non è preceduta da un contraddittorio e soprattutto, non è prevista la redazione di un atto che illustri al contribuente le contestazioni che verranno poi riportate nel successivo (ed eventuale) avviso di accertamento.

 

La documentazione che il contribuente fornisce, viene esaminata dall’ufficio il quale, solo con l’emissione della pretesa impositiva, esterna il proprio “punto di vista”. Quindi, è legittima la notifica dell’avviso di accertamento senza la necessità che in un momento antecedente, il contribuente sia convocato presso gli uffici o sia stato fatto un verbale.

 

In tal caso è necessario distinguere tra i tributi armonizzati (Iva) e quelli non armonizzati (Ires, Irpef, Irap), solo per i primi il contraddittorio è sempre necessario ma, in caso di omissione, l’atto è nullo solo se il contribuente dimostra che in tale sede avrebbe potuto concretamente produrre elementi difensivi per archiviare l’accertamento.


 

Cartelle di pagamento

Entro il 31 dicembre dovranno essere notificate, pena la decadenza, le cartelle di pagamento emesse sulla base della dichiarazione. La cartella deve essere notificata entro il 31 dicembre del:

 

Pertanto, entro fine anno, devono essere notificate le cartelle di pagamento relative ai periodi d’imposta 2013 (Unico 2014), per ciò che concerne le attività di liquidazione automatica, oppure 2012, per le attività di controllo formale (modello Unico 2013).

 

Per la cartella di pagamento derivante da sentenza passata in giudicato non opera il termine di decadenza biennale, ma la prescrizione decennale, in quanto il titolo in base al quale si riscuote non è più l’atto, ma la sentenza, con la conseguenza che il termine biennale indicato per gli accertamenti definitivi rimane circoscritto ai soli accertamenti non impugnati.

 

Le osservazioni al PVC

La ricezione di un processo verbale di constatazione costituisce per il contribuente il momento per analizzare i rilievi e impostare le successive mosse di difesa.

L’articolo 12, comma 7 dello Statuto del contribuente prevede che, a seguito della consegna del processo verbale di constatazione, il contribuente può in aggiunta a quanto già osservato al termine della verifica e riportato in calce al medesimo processo verbale, presentare nel termine di 60 giorni, osservazioni e richieste che dovranno essere prese in considerazione in ordine alla valutazione dei rilievi contenuti nel processo verbale di constatazione.

 

Quali sono le ragioni per cui è opportuno o meno presentare le osservazioni al PVC da parte del contribuente?

 

Secondo l’orientamento delle commissioni tributarie, qualora il contribuente decida di presentare le osservazioni, l’ufficio impositore deve tenerne conto nell’avviso di accertamento che emette, evidenziando esplicitamente le ragioni per le quali ha deciso di non considerare le ragioni avverse avanzate dal contribuente nelle proprie osservazioni ex articolo 12, comma 7, Legge 212/2000.

 

Vi è inoltre l’obbligo per gli uffici di valutare con estrema attenzione gli elementi indicati dal contribuente con le osservazioni, procedendo, sulla base degli stessi, all’esame del processo verbale, esame che potrebbe condurre ad una sostanziale revisione del medesimo.

 

NB! - E’ evidentemente opportuno presentare le osservazioni al PVC quando i rilievi sono manifestamente infondati, in tal modo si può evitare che l’ufficio competente emetta accertamenti con pretese impositive illegittime.

 

Potrebbe essere utile presentare le osservazioni quando il PVC sia stato notificato a ridosso del 1° novembre (con la conseguenza che i 60 giorni per le osservazioni andranno a scadere gli ultimi giorni dell’anno).

In tal caso le osservazioni avrebbero anche l’effetto di imporre all’ufficio una più attenta valutazione del contesto che essendo in scadenza potrebbe portarlo a realizzare l’accertamento per relationem senza alcuna analisi critica.


La presentazione delle osservazioni potrebbe penalizzare il contribuente che intendesse chiudere l’accertamento in sede di adesione. Le argomentazioni indicate nelle osservazioni e già rigettate dall'ufficio espressamente nella redazione dell'avviso di accertamento non potrebbero più essere poste a base di un eventuale accordo in adesione con l'Amministrazione finanziaria.

 

Possibile il ravvedimento operoso

Con la Legge di Stabilità del 2015 e il D.L. 193/2016, il legislatore, con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate e dall’Agenzia delle Dogane, ha introdotto la possibilità di ricorrere al ravvedimento anche dopo la constatazione della violazione.

Unica condizione che preclude la possibilità di avvalersi del ravvedimento consiste nella notifica di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni bonarie di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 emesse a seguito della liquidazione e del controllo formale delle dichiarazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Ricevuta la notifica del PVC, il contribuente avrà la possibilità di utilizzare l’istituto del ravvedimento operoso.

Rispetto agli altri istituti deflattivi questo lascia al contribuente molta libertà di azione rispetto agli elementi che decide di sanare.

Il ravvedimento permette al contribuente di decidere in piena autonomia quali elementi sanare e quali lasciare, la correzione potrà riguardare solo alcune delle contestazioni eccepite dal Fisco e che il contribuente ritiene condivisibili, lasciando che i restanti rilievi siano oggetto di un autonomo avviso di accertamento da contestare e discutere, successivamente, in contenzioso.

 

NB! - A differenza degli altri istituti deflattivi, le somme derivanti da ravvedimento operoso non sono rateizzabili e devono essere oggetto di un unico versamento.


L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 6 del 19 febbraio 2015, ha evidenziato l’opportunità di esternare agli uffici competenti quali violazioni sono state sanate in occasione del PVC, in modo che l’avviso di accertamento possa proseguire solo per le restanti.

Il contribuente potrà comunicare i rilievi oggetto di ravvedimento, unitamente a una memoria esplicativa alla quale possono essere allegate la copia del modello F24 e la dichiarazione integrativa presentata in occasione del ravvedimento.

 

Contestazioni delle sanzioni tributarie

Entro fine anno possono essere contestate dall’ufficio anche le sanzioni tributarie, contestualmente all’accertamento o con un atto ad hoc.

Le sanzioni relative a violazioni formali devono essere irrogate con l’atto di contestazione previsto dall’articolo 16 del Dlgs 472/97, mentre quelle relative ad infrazioni di tipo sostanziale collegate al tributo, devono essere irrogate con l’atto di accertamento in base all’articolo 17 Dlgs 472/97 seguendone la disciplina.

La prima forma di sanzione si caratterizza per il fatto che si giunge all’irrogazione della penalità attraverso un atto di contestazione, il quale ha come scopo principale quello di consentire l’instaurazione del contraddittorio tra contribuente e ufficio dell’Amministrazione finanziaria.

La giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 11391/2017) ha sancito che per gli atti di contestazione di sanzioni non collegate al tributo, non opera l’articolo 12 della legge 212/2000, quindi l’atto può essere emesso anche senza attendere i 60 giorni dalla consegna del Pvc.

Infatti, l’articolo 16 del Dlgs 472/97, che disciplina il procedimento di contestazione della sanzione, già prevede forme di confronto tra le parti.

Il contraddittorio può essere introdotto dal contribuente con la presentazione all’ufficio che ha emesso l’atto delle deduzioni difensive da proporre entro il termine per la presentazione del ricorso.

Se il contribuente presenta deduzioni difensive, l’ufficio nel termine di un anno, pena la decadenza dall’emissione dell’atto di irrogazione delle sanzioni, può rispondere al contribuente:

 

La seconda forma di sanzione è quella che si attua tramite l’irrogazione immediata. In questo caso la sanzione è irrogata con atto contestuale all’atto di accertamento o di rettifica.

 

Obbligo del contraddittorio

Il diritto al contraddittorio è un principio immanente al nostro ordinamento nonostante la giurisprudenza di legittimità gli riconosca talvolta connotati applicativi circoscritti.

Il diritto al contraddittorio trova fondamento sia negli articoli 47 e 48 della Carta della Ue, che garantiscono il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un equo processo, sia nell’articolo 41 della stessa, che tutela il diritto ad una buona amministrazione, che ha come corollario il diritto di ogni individuo ad essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento lesivo.

Nel nostro ordinamento, un punto cruciale è rappresentato dalle sentenze della Cassazione 26638, 26637, 26636 e 26635 del 2009 in materia di studi di settore, dove sono stati affermati il principio del giusto procedimento tributario e quello del contraddittorio quale strumento irrinunciabile di istruttoria e di tutela del contribuente a garanzia del diritto di difesa e del buon andamento dell’amministrazione.

 

Verifiche presso il contribuente

Nei vari contesti applicativi il contraddittorio preventivo trova tutele normative differenti e soprattutto interpretazioni non univoche nella giurisprudenza di legittimità.

Ad esempio, nelle verifiche presso il contribuente, l’articolo 12 della legge 212/2000 contempla un’interlocuzione costante tra il verificato e verificatore, fino a prevedere in capo all’Amministrazione il divieto di emettere qualsivoglia atto impositivo prima del decorso di 60 giorni (come visto prima) dal rilascio del processo verbale di constatazione, per consentire al contribuente la formulazione di osservazioni difensive.

La giurisprudenza di legittimità in alcune pronunce (sentenze della Cassazione 24823/2015, 11283/2016, 21071/2017) effettua una distinzione tra tributi armonizzati, quali l’Iva, e tributi non armonizzati, includendo nell’ambito applicativo della disposizione in questione soltanto i primi (dunque il contraddittorio non sarebbe obbligatorio per i tributi diretti come l’Ires o l’Irpef).

 

Analoga distinzione tra tributi armonizzati e non armonizzati è riproposta dalla giurisprudenza di legittimità per tutte quelle ipotesi in cui il contraddittorio non sia specificamente disposto dalla normativa nazionale, come ad esempio nei controlli a tavolino, dove il contribuente può ricevere un accertamento esecutivo in risposta a un questionario o ad una mera produzione documentale senza che sia normativamente previsto che lo stesso debba interloquire con l’ufficio.

In questo caso, secondo la Cassazione l’assenza di un contraddittorio è eccepibile soltanto laddove si versi nell’ambito di un tributo armonizzato e quindi possa trovare immediata attuazione il sovra-ordinato diritto comunitario.


Il contraddittorio risulta inevitabile (pena l’invalidità dell’atto di accertamento) quando è espressamente contemplato dalla legge.

Si pensi all’articolo 10-bis della legge 212/2000 (abuso del diritto), all’articolo 167 DPR 917/86 (regole Cfc), all’articolo 10 legge 146/1998 (accertamento da studi di settore), all’articolo 38 del DPR 600/1973 (ossia l’accertamento sintetico puro e accertamento da redditometro).

 

La notifica dell’atto

La procedura di notifica dell’atto tributario è particolarmente complessa, anche a causa di norme che si sono andate stratificando nel tempo. Tali norme nel corso degli anni hanno subito diverse modifiche, si ricorda ad esempio la possibilità della notifica della cartella di pagamento e degli avvisi di accertamento ai professionisti e alle imprese mediante invio all’indirizzo Pec (per la cartella di pagamento a partire dal 1° giugno 2016 mentre per l’avviso di accertamento a partire dal 1° luglio 2017).

 

Perfezionamento della notifica per l’amministrazione

Per l’Amministrazione la notifica si perfeziona con la consegna da parte dei messi notificatori nelle mani del destinatario, in qualunque luogo; nel caso di notifica a un terzo non destinatario dell’atto, la notifica si perfeziona con la sottoscrizione del consegnatario dell’atto ovvero con l’indicazione dei motivi della mancata sottoscrizione.

La consegna dell’atto va effettuata in busta sigillata con apposizione del numero cronologico della notificazione della quale se ne da atto nella relata di notifica. Il consegnatario sottoscrive una ricevuta, il messo dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione tramite raccomandata.

In caso di irreperibilità assoluta (non vi è l’abitazione o l’ufficio del contribuente), la notifica si perfeziona con l’affissione dell’avviso del deposito prescritto dall’articolo 140 del Codice di procedura civile in busta chiusa e sigillata nell’albo del Comune, ma senza la necessità di una successiva raccomandata con ricevuta di ritorno.

Se è conosciuta la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si è potuta eseguire la consegna perché questo non è stato rinvenuto in tale indirizzo (irreperibilità relativa), da dove non risulta trasferito, la notifica dell’atto si perfeziona con il deposito nel Comune dove la notificazione deve essere eseguita, con l’affissione dell’avviso di deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario, dandogliene notizia con raccomandata con ricevuta di ritorno.


 

NB! Relativamente alle notifica per posta, questa si perfeziona per l’Amministrazione il giorno in cui si è portato l’atto all’ufficio postale per la notifica.

 

Notifica via Pec

La notifica via Pec degli atti tributari da parte degli uffici è possibile dal 1° giugno 2016 per le cartelle di pagamento e dal 1° luglio 2017 per gli avvisi di accertamento.

La novità riguarda gli atti tributari che devono essere notificati alle imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato (in sostanza riguarda tutti coloro che per legge sono dotati di un indirizzo Pec).

In attesa della piena operatività dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente, le persone fisiche, e i soggetti diversi dalle persone fisiche, non obbligati ad avere un indirizzo Pec (che ne fanno espressamente richiesta) possono ricevere le notificazioni all’indirizzo Pec di cui sono intestatari.

Con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 3 marzo 2017, è stato approvato il modello per comunicare i dati relativi all’indirizzo Pec.

Ai fini del rispetto dei termini di prescrizione e decadenza, la notificazione si intende comunque perfezionata per il notificante nel momento in cui il suo gestore della casella Pec gli trasmette la ricevuta di accettazione con la relativa attestazione temporale che certifica l’avvenuta spedizione del messaggio, mentre per il destinatario si intende perfezionata alla data di avvenuta consegna contenuta nella ricevuta che il gestore della casella Pec del destinatario trasmette all’ufficio o, nei casi di cui al periodo precedente, nel quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dell’avviso nel sito internet della società InfoCamere Scpa.

 

Perfezionamento della notifica e termini del ricorso

Il perfezionamento della notifica dell’atto amministrativo assume un ruolo fondamentale sia per il notificante, in quanto mette a riparo da decadenze l’ufficio, sia per il destinatario dell’atto per il quale inizia a decorrere il termine per l’impugnazione.

Non sempre però è facile capire da quando iniziano a decorrere i termini per proporre ricorso e infatti, a prescindere dal caso in cui l’atto venga consegnato nelle mani del destinatario, i maggiori problemi si verificano nei casi di irreperibilità relativa, di irreperibilità assoluta e nel caso in cui la notifica venga fatta a persona diversa dal destinatario.

La notifica dell’avviso di accertamento tributario deve essere effettuata secondo il rito previsto dall’articolo 140 del Codice di procedura civile quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuta eseguire la consegna perché questi (o altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, da dove tuttavia non risulta trasferito.

In questo caso, i termini per proporre ricorso decorrono da quando il destinatario riceve la raccomandata con la quale lo si informa che l’atto è stato depositato presso la casa comunale o comunque decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.

 

Per l’irreperibilità assoluta si applica la disciplina prevista dalla lettera e) dell’articolo 60 del DPR 600/1973 (sostitutivo per il procedimento tributario dell'articolo 143 del Codice di procedura civile per la notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulti trasferito in luogo sconosciuto, ovvero quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non c’è abitazione, ufficio o azienda del contribuente.


La Cassazione, con la Sentenza 6102/11, ha confermato l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la notifica dell’avviso di accertamento al contribuente (ex articolo 60, lettera e, del DPR 600/1973) è ritualmente effettuata con l’affissione dell’avviso del deposito nell'albo comunale, senza la necessita di procedere alla spedizione con raccomandata quando nel comune nel quale deve essere eseguita non c’è abitazione, ufficio o azienda del contribuente.

In questo caso la notifica si considera eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione senza, peraltro (prevede la Cassazione) che ciò dia adito a dubbi di illegittimità costituzionali.

Per il contribuente i 60 giorni per proporre ricorso in Commissione tributaria decorrono quindi, dall’ottavo giorno successivo all’affissione.

 

 

Quadro normativo

D.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973

D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973

D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972

Legge n. 212 del 27 luglio 2000

Legge n. 190 del 23 dicembre 2014

Circolare Agenzia delle Entrate n. 6 del 19 febbraio 2015

Decreto Legge 193 del 22 ottobre 2016

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