In tema di controllo del lavoratore, le garanzie procedurali ex art. 4 Legge n. 300/1970, per l’istallazione di impianti ed apparecchiature di controllo richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza sul lavoro, dai quali derivi la possibilità di verifica a distanza dell’attività dei lavoratori, trovano applicazione ai controlli c.d. “difensivi”; i controlli diretti, ossia, ad accertare i comportamenti illeciti dei lavoratori, quando però detti accertamenti riguardino l’esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro, e non, invece, la tutela di beni estranei al rapporto stesso. Ne consegue che esula dal campo di applicazione della norma suindicata, il caso in cui il datore abbia posto in essere verifiche volte ad accertare comportamenti del prestatore illeciti e lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale.
Sulla base di detto principio, la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, ha respinto il ricorso di un dipendente e confermato il suo licenziamento disciplinare, per aver inviato una serie di e – mail ove erano reiterate espressioni offensive nei confronti del legale rappresentante dell’azienda e di altri collaboratori.
Respinte dunque dalla Corte Suprema, le censure del dipendente circa la illegittimità dei controlli datoriali. Il ricorrente, difatti, era stato preventivamente informato circa i controlli periodici svolti dalla società sulle registrazioni contenute nei pc aziendali. Controlli che, oltretutto, erano nella specie del tutto svincolati dall’attività lavorativa, in quanto effettuati per verificare se la strumentazione in dotazione fosse stata utilizzata per perpetrare degli illeciti (come in effetti constatato).
Posto, dunque, che il caso in esame non concerne verifiche preventive a distanza sull’attività dei dipendenti (il controllo era occasionato da un’anomalia del sistema, tale da ingenerare il ragionevole sospetto circa l’esistenza di condotte vietate) e che l’acquisizione dei dati era stata effettuata con modalità non eccedenti rispetto alle finalità di controllo – dunque nel rispetto dei criteri di pertinenza, proporzionalità e correttezza – la Cassazione, con sentenza n. 26682 del 10 novembre 2017, ritiene del tutto legittima la sanzione disciplinare irrogata.
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